“Rottamazione” è una parola magica e quando la si evoca cambia tutto: chi deve comprare l’auto aspetta che arrivino i soldi pubblici, le case automobilistiche si concentrano sul come fare per sfruttare al massimo l’occasione dal punto di vista commerciale e il mercato dei veicoli usati si ferma. Lo dice la storia: bisogna parlarne il meno possibile e in ogni caso solo quando si è pronti a farla. 



E di certo lo sa il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, che presentando alla Camera le linee guida della nuova Strategia energetica nazionale ha ipotizzato «l’introduzione di uno strumento di sovvenzione al rinnovo del parco auto». «La situazione del parco auto italiano è abbastanza disastrosa. Credo sia uno dei parchi circolanti peggiori in Europa», ha detto Calenda, e non ha tutti torti. Alla fine del 2016 circolavano in Italia 36,42 milioni di autovetture, il 22,2% delle quali, 8,12 milioni, sono Euro 2, Euro 1 o Euro zero, cioè sono state immatricolate prima del 2001 e hanno più di 15 anni. Ma non è tutto: il 6%, 2,1 milioni di vetture, hanno almeno 22 anni, per tacer di quell’oltre milione e mezzo  di veicoli che hanno come minimo 25 anni. Se consideriamo che le auto che hanno più di vent’anni e sono considerate storiche dall’Automotoclub storico italiano sono meno di 400 mila, abbiamo che fare con oltre 3 milioni di auto circolanti sulle nostre strade che non sono storiche: sono soltanto vecchie.



Rottamazione, insomma. Ma una “strana” rottamazione. Quelle che si sono succedute negli anni passati avevano in comune un mercato che andava maluccio e un produttore nazionale che aveva bisogno di un sostegno. Oggi, invece, le vendite vanno a gonfie vele per tutti e specialmente per Fca e Fiat. E chi sta andando bene non vuole certo rallentare la corsa a causa dell’attesa degli incentivi e poi stressare le linee produttive per le consegne nei prossimi mesi, e poi fermarsi di nuovo, ipotizziamo tra un anno, a campagna ultimata. Forse, per questo, il ministro dello Sviluppo economico esclude una «rottamazione lineare», e pensa a un intervento «maggiormente selettivo, dal costo molto più ridotto, per evitare fenomeni di alterazione violenta del mercato». Nel documento messo a punto con il ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti, anche lui in audizione alla Camera, si legge di «sovvenzione direttamente proporzionale al livello di miglioramento di emissioni ed efficienza energetica». Parole che tradotte significano che ci saranno incentivi ridotti e che saranno proporzionali alla classe di emissione dei nuovi veicoli acquistati: più l’auto sarà ecologica, maggiore sarà l’incentivo. 



«Non si può pensare a un phase out naturale delle vecchie vetture verso nuove tecnologie, bisogna pensare a misure che accelerino questo passaggio» ha detto Calenda, che ha aggiunto di non voler avere un approccio radicale «facendo una cosa unica per l’auto elettrica: perché poi l’effetto reale sarebbe zero, senza le colonnine di carica sarebbe solo uno spot e non si svecchierebbe il parco circolante, mentre ci piacerebbe vedere un sistema che riesca a dare una botta significativa al suo svecchiamento». 

Tra le righe leggiamo tre cose. La prima è che la rottamazione non sarà la solita burla che regala soldi (pochi rispetto al costo della vettura), soltanto a chi (pochi di numero) ha la possibilità di usare un’auto elettrica. La seconda è che il leit motiv della prossima rottamazione riguarderà le vetture ibride, magari plug in, che hanno valori di emissioni, sulla carta, molto più bassi di ogni auto diesel o benzina. La terza cosa, il diretto portato della seconda, è che, forse per la prima volta, non saranno solo le utilitarie a beneficiarne, ma anche veicoli a basso impatto ambientale di fascia medio-alta e alta. Se fosse così, sarebbe una vera rivoluzione.