Gli scandali fanno bene all’industria automobilistica, almeno a giudicare dalle ultime semestrali. Più le questioni si complicano dal punto di vista giudiziario, più le indagini delle autorità sembrano scoprire nuovi pasticci, più migliorano i conti economici dei grandi costruttori. Ad esempio, nel secondo trimestre il gruppo Volkswagen (che finora ha pagato multe per un totale 23 miliardi di euro) ha più che raddoppiato l’utile netto rispetto a un anno precedente raggiungendo quasi quota 3,2 miliardi di euro. A Wolfsburg nel primo semestre del 2017 il fatturato è aumentato del 7,3% a 115,9 miliardi, l’utile operativo è cresciuto a 8,9 miliardi (da 7,5 miliardi un anno prima). E anche le vendite del Gruppo sono aumentate dell’1,4% a 5,15 milioni.



Come, del resto, quelle di Daimler (che costruisce Mercedes e Smart), che da un paio di mesi è nell’occhio del ciclone per le emissioni dei suoi motori diesel e per un presunto cartello con gli altri costruttori premium tedeschi per il quale, secondo un giornale tedesco, sembra essersi autodenunciata. Daimler ha registrato un aumento delle immatricolazioni dell’8% delle vendite di Mercedes-Benz, di Smart e dei veicoli commerciali immatricolando 822.500 veicoli in totale e aumentando del 7% il fatturato rispetto a un anno prima a 41,2 miliardi. L’Ebit del gruppo è salito del 15% a 3,75 miliardi, nonostante gli investimenti nelle auto elettriche, e l’utile netto ha raggiunto quasi 2,51 miliardi (da 2,45 miliardi). 



Anche Fca, alle prese con i suoi guai negli Usa e in Germania, fa registrare risultati notevoli. Nel primi sei mesi del 2017 il gruppo ha registrato un aumento del 125% dell’utile netto rispetto al 2016 raggiungendo quasi quota 1,8 miliardi di euro, i ricavi sono cresciuti del 2% a 55,64 miliardi e l’Ebit adjusted è salito del 13% a 3,4 miliardi. Il tutto con le consegne che sono rimaste quasi invariate rispetto al primo semestre dello scorso anno: 2,37 milioni di unità, rispetto ai 2,36 milioni veicoli immatricolati un anno fa.

I risultati sono simili, anche se non dal punto di vista numerico, ma le motivazioni per la maggior parte diverse. Nel caso dei costruttori tedeschi si tratta di aziende solidissime che avevano margini di riduzione dei costi molto ampi che stanno cominciando a sfruttare. E sono aziende innovative che hanno investito più di ogni altra industria al mondo in ricerca e sviluppo dei prodotti. Ora basta aprire un cassetto per trovare un progetto nuovo, un’idea innovativa. Nel caso di Fca, invece, comincia a dare frutti la strategia di Sergio Marchionne che prevede di alzare il mix dei prodotti cercando di vendere automobili che assicurino margini di guadagno più alti. Lo dimostrano gli ottimi risultati di Maserati, che nel secondo trimestre ha raddoppiato le consegne aumentando i ricavi dell’85% oltre gli 1,07 miliardi di euro, con un aumento del 322% dell’Ebit adjusted a 152 milioni.



In comune, poi, tutti i costruttori hanno dalla loro parte i clienti. Tutti o quasi. Clienti che, quando si tratta di comprare un’auto nuova se ne fregano delle indagini della Commissione europea, dell’Epa, del parere dell’autorità per i trasporti tedesca o delle visioni futuristiche di Elon Musk, il patron di Tesla. Tutti o quasi continuano a comprare auto diesel perché sono quelle che soddisfano meglio le loro esigenze. Le emissioni sono un argomento che funziona nei talk show, non nelle concessionarie. I clienti, se se lo possono permettere, compreranno diesel tedeschi, magari con cilindrate sopra i 3 mila centimetri cubici. E se hanno un po’ meno denaro scelgono le linee piacevoli delle utilitarie di Fca. In Europa, in Cina e anche negli Stati Uniti.

Se l’obiettivo è farci andare tuti sulle auto elettriche per il nostro bene, politici e giudici dovranno impegnarsi molto di più. E magari spiegarci che fine faranno i miliardi di batterie esauste con le quali avremo a che fare se tutti avremo un’auto elettrica. Oppure come verrà prodotta l’energia elettrica necessaria, o che fine faranno le centinaia di migliaia di lavoratori del settore che si troveranno disoccupati perché costruire un’auto elettrica è molto più semplice che metterne insieme una che ha un motore termico.