Ferrari frena, Ferrari corre, Ferrari comunque non si ferma. Nonostante il tonfo di ieri (-3,45%), la Casa del Cavallino resta una delle protagoniste della Borsa degli ultimi tempi. In 18 mesi la quotazione è salita da 30 a 90 euro. Un bel risultato che ha portato azienda a capitalizzare 18,3 miliardi di euro, più di quanto capitalizzi l’intera Fca (15,5 miliardi) di cui solo un paio di anni fa era solo una controllata. Il segreto di questo exploit lo conoscono tutti: l’essere uscita, per gli analisti, dal settore auto per entrare in quello del lusso e i conti.
Ieri ne ha presentati di magnifici e la debacle dell’azione è dovuta solo al fatto he erano largamente attesi: il secondo trimestre si è chiuso con un utile netto adjusted di 136 milioni, in crescita del 30% rispetto allo stesso periodo del 2016, con un ebit pari a 202 milioni (+29%), mentre i ricavi netti hanno raggiunto i 920 milioni di euro, in aumento del 13,5% (+12,8% a cambi costanti). Nello stesso periodo sono state consegnate 2.332 vetture, 118 in più dell’anno precedente (+5,3%), ma sono state confermate le consegne stimate a fine del 2017 a quota 8400.
E i problemi a Maranello, se possiamo chiamarli così, sono tutti in questi ultimi numeri. Il fondatore Enzo Ferrari fino dagli anni Cinquanta aveva una filosofia semplice che farebbe impazzire tutti gli esperti di marketing dei giorni nostri: costruire un’auto in meno di quante poteva venderne. La storia dell’azienda, la sua esclusività, il suo mito è in buona parte (l’altra parte sono le corse) frutto di questa filosofia. Nella leggenda o quasi sono entrate le storie di miliardari che non sono riusciti a comprare la Ferrari che volevano per il semplice motivo che non ce ne erano più e qualcuno, parliamo sempre di miliardari, si è rivolto a un tribunale per avere l’auto o essere risarcito dei danni, immaginiamo esistenziali, per non averla avuta.
Per avere una Ferrari, magari una di quelle in edizione limitata come la J50 (50 esemplari) o la FXX da 1050 cavalli (30 esemplari), bisogna “pregare”, entrare nel club, partecipare agli eventi per i clienti, coccolare i venditori e soprattutto dimostrare che la si vuole davvero e non la si compra solo per rivenderla. Perché le Ferrari, spesso e al contrario di quasi tutte le altre vetture, uscite dal concessionario valgono di più di quanto le si è pagate.
Dicevamo, quindi, la questione sul tavolo è tutta qui: quante Ferrari produrre all’anno? Sergio Marchionne, ceo anche di questa società che lascerà nel 2021, tre anni dopo Fca, ha aumentato la produzione di un migliaio di vetture l’anno e i risultati si sono visti. Qualcuno parla di 10 mila vetture l’anno, qualcun altro pensa che passare da circa 8 mila a 15 mila possa raddoppiare fatturati e utili, senza creare problemi al marchio. Altri no.
In questa disfida si inseriscono le indiscrezioni di questi giorni di un nuovo modello a quattro porte e quattro posti che assomiglierebbe a un Suv (tipo Porsche Cayenne), ma che a Maranello chiamano Fuv (Ferrari Utility Vehicle) e finirebbe col competere con modelli analoghi messi in cantiere da Lamborghini e Bentley. Dovrebbe adottare il motore V8 biturbo o il propulsore V12 aspirato, con la potenza di circa 800 cavalli e, naturalmente, la trazione integrale. Il prezzo? si dice tra i 280 e i 300 mila euro che potranno avere il piacere di spendere solo 2 o 3 mila appassionati l’anno.
Per saperne di più bisognerà attendere l’inizio dell’anno prossimo, quando Marchionne presenterà il nuovo piano industriale 2022 che secondo molti avrà obiettivi molto ambiziosi e dovrebbe dare il via a una transizione di tutta la gamma verso le versioni ibride. Nuovi modelli, nuove tecnologie, insomma nuovi giochini per i fortunati che si possono permettere una Ferrari. Beati loro.