FCA. Si è messo la cravatta per celebrare l’azzeramento del debito, ma quello che è andato in scena ieri a Balocco è parso più un funerale che una festa. Perché il canto del cigno di Sergio Marchionne, ad di Fca Group, verrà ricordato anche come il momento che ha segnato il progressivo ma definito abbandono di marchi storici come Fiat, Chrysler e Dodge che vanno a far compagnia a Lancia nella bacheca dei brand trascurati del Lingotto. L’attenzione dell’investor Day a Balocco è stata concentrata tutta su Jeep, Ram, Maserati e Alfa Romeo. Poco o niente, invece, il tempo dedicato ai marchi che ancora formano il nome dell’azienda automobilistica e agli altri che tutti insieme rappresenteranno, per ammissione dello stesso Marchionne, la parte meno significativa dei ricavi e degli utili Fca nel 2022.
L’uomo che, vale sempre la pena ricordarlo, un analista del settore ha definito “un dono di Dio agli azionisti del settore automotive”, abbandonerà la scena tra un anno, ma ha già abbandonato l’idea che Fca possa competere nel settore delle utilitarie a basso prezzo, del mercato di massa del ceto medio. E ora ha puntato dritto la barra dell’azienda che lascerà al suo successore verso il settore premium sfidando Tesla e Porsche con Maserati, Bmw e Mercedes con Alfa Romeo, i grandi pick up di oltreoceano con Ram e tutti i Suv del mondo con Jeep.
Ma mentre la campagna per globalizzare le vendite del marchio americano ha avuto e potrebbe avere anche in futuro successo (tanto che le uniche previsione di volume centrate da Fca rispetto al precedente piano industriale riguardano proprio la Jeep), la sfida lanciata da Alfa Romeo e Maserati è tutt’altro che facile. Anzi. Lo sanno tutti e, soprattutto, lo dimostrano le difficoltà, prevedibili e comprensibili, incontrate negli ultimi cinque anni. Il piano 2013/2018 prevedeva per Maserati 75 mila auto vendute e lo scorso anno ne sono state immatricolate 50 mila. Alfa Romeo doveva venderne 400 mila ed è arrivata a quota 175 mila, meno della metà.
Ora l’obiettivo 2022 per il marchio del Biscione è rimasto invariato, mentre per Maserati è salito a quota centomila. Ma le previsioni, in questo caso, contano poco. Contano i soldi, gli investimenti che in Fca sono stati sempre una coperta corta. Un esempio? Ieri Marchionne ha promesso 9 miliardi di euro di investimenti per l’elettrificazione della gamma, soprattutto premium. Audi ne spenderà 40 più o meno nello stesso periodo, Volkswagen 34, Mercedes 11, come Ford, mentre Bmw spende ogni anno 7 miliardi in ricerca e sviluppo. Una gara persa in partenza, almeno sul piano quantitativo. Marchionne è il primo a saperlo. Tanto da far pensare che quella di ieri sia stata una presentazione ai possibili compratori e non solo agli investitori.
In questo quadro emergono tre aziende diverse: una mass market con marchi affermati, ma senza tanta benzina nel serbatoio, che potrebbe essere utile a un costruttore cinese, una americana con la punta di diamante Jeep che piacerebbe a tutti (compresi i concorrenti stelle e strisce) e una premium italiana che potrebbe dare fastidio ai competitor tedeschi. Uno spacchettamento che Marchionne ha dimostrato potrebbe stare in piedi. Specie se i soldi per gli investimenti miliardari potesse metterli qualcun altro.