Carlos Ghosn, l’ex presidente di Nissan arrestato con l’accusa di aver dichiarato compensi falsi, sottostimandoli tra il 2010 e il 2017 di circa 44 milioni di dollari, oltre che di aver temporaneamente trasferito all’azienda perdite riferibili ad asset personali risalenti ai tempi della crisi del 2008, è comparso per la prima volta in tribunale a Tokyo in un’udienza pubblica preliminare richiesta dai suoi legali dopo che la procura ha prorogato più volte la sua detenzione elevando una serie successiva di accuse. Come riportato da Il Sole 24 Ore, l’attuale numero uno di Renault è arrivato in aula in manette, visibilmente provato e dimagrito, ma non per questo ha rinunciato a proclamare la sua innocenza:”Sono innocente. Le accuse contro di me non hanno alcun fondamento. La mia detenzione è ingiustificata”, ha dichiarato Ghosn. Il manager ha resistito alla tradizionale strategia degli inquirenti giapponesi, che sono soliti sottoporre l’imputato a continui interrogatori senza la presenza dei difensori per strappare una confessione all’indagato prorogando il “fermo di polizia”.
CASO NISSAN, GHOSN: RESPINTA RICHIESTA DI SCARCERAZIONE
Carlos Ghosn ha parlato in aula per una decina di minuti ribadendo come tutte le decisioni, secondo quanto si è appreso da un testo distribuito dal suo team, siano state approvate dagli organi competenti e dagli altri rilevanti executive del board di Nissan. Parole che di fatto trascinano nell’agone la figura che – scrive Il Sole 24 Ore tanti additano come l’autore di una sorta di “golpe aziendale”, l’attuale ceo Hiroto Saikawa. Ghosn ha aggiunto: “Ho sempre agito in modo onorevole e nella legalità”. Le sue dichiarazioni, però, non devono aver convinto i giudici, che non a caso hanno respinto la richiesta di scarcerazione presentata dagli avvocati di Ghosn motivando la decisione con il pericolo di fuga e di inquinamento delle prove. La carcerazione preventiva di Ghosn scade l’11 gennaio, ma appare probabile che sia ulteriormente prorogata: la vicenda del top manager sta di fatto mettendo in luce il caratteristico sistema penale giapponese, dove il fermo di polizia può durare fino a 23 giorni, prorogabili con l’elevazione di altre accuse.