È un esordio alla cieca quello degli incentivi e disincentivi governativi all’acquisto di auto nuove più ecologiche. A tutt’oggi, data di ingresso in vigore del meccanismo bonus/malus, sono ancora in alto mare le modalità operative decise dall’esecutivo per premiare e penalizzare le scelte dei consumatori orientando le decisioni di acquisto verso nuovi modelli meno inquinanti sulla base delle emissioni di CO2 per km. Nonostante le reiterate richieste chiarimento da parte di rivenditori e fabbricanti, il quadro normativo e regolatorio su come manovrare le leve fiscali per spronare la mobilità ecosostenibile è lacunoso.



Per capire il funzionamento di questo binomio di stimolo e penalità, vediamolo dal lato dell’acquirente. La norma 79 bis approvata nella Legge di bilancio stabilisce un premio all’interno di una forchetta dai 1.500 fino a 6.000 euro per gli acquisti di veicoli elettrici, ibridi e per le auto con motore a combustione distinte in classi di valori delle emissioni di anidride carbonica contenute sotto la soglia massima di 70g/km. Il massimo del contributo che sarà corrisposto dal venditore attraverso uno sconto sul prezzo di acquisto spetta all’immatricolazione di un veicolo le cui emissioni di CO2 rientrano della categoria 0-20g/km Parallelamente quale strumento dissuasivo, si introduce una nuova imposta dai 1.100 a 2.500 euro. L’ecotassa modulare grava sull’acquisto di auto a benzina o diesel le cui emissioni di CO2 superano i 160 grammi per chilometro. Sopravvive una fascia neutrale di modelli che si acquistano senza né bonus, né malus: sono quei veicoli con emissioni dai 70 a 160g/km.



Per un’iniziale svista, il Governo del popolo aveva fissato limiti applicativi dell’ecotassa più bassi a 110-130g/km, che avrebbero finito per colpire anche utilitarie popolari tipo la Fiat Panda. Una norma ecologicamente plausibile, ma decisamente iniqua verso i risparmi dei ceti medi tanto che l’esecutivo ha dovuto fare retromarcia rialzando la soglia delle emissioni di CO2 a 160g/km, ma non prima che l’assertiva sottosegretaria alla (dis)economia Laura Castelli intimasse ai contestatari dei 300 euro di sovrapprezzo per una Panda 1.2 con la nuova ecotassa di comperarsi una Panda 1000. Modello inesistente.



Manca il decreto attuativo che il ministero dello Sviluppo economico dovrà emanare di concerto con quello dei Trasporti per poi da sottoporlo al vaglio della Corte dei Conti; così come non risulta attivata la piattaforma online per richiedere gli incentivi. Da giorni le associazioni che rappresentano la filiera industriale e commerciale del settore automobilistico in Italia manifestano la loro preoccupazione per le incertezze legate al bonus/malus ecologico che influenzano il mercato e incidono sull’operatività delle imprese. Già a dicembre, quando venne annunciata dal Governo, la misura fu accolta con polemiche, non solo dal lato delle case produttrici – aleggiò la minaccia che Fca avrebbe rivisto il suo piano di 5 miliardi di investimento in Italia -, ma pure dei sindacati che videro nella misura così com’è congeniata, un “harakiri del settore” dell’auto. Un mercato che, tra diretto e indotto, rappresenta 6mila imprese con 250 mila occupati e costituisce tra il segmento industriale tra i più dinamici dell’economia nazionale anche durante gli anni di rallentamento congiunturale.

In attesa di circolari interpretative del ministero delle Finanze, l’unico “indizio” in merito alla tassa che incombe sugli acquisti di nuove auto è la pubblicazione, pochi giorni fa, da parte delle Agenzie delle Entrate, del codice tributo da utilizzare per il pagamento dell’imposta. Mentre risultano ignoti altri elementi altrettanto rilevanti, come i termini di pagamento, ad esempio. Ancora maggiore incertezza avvolge il quadro regolatorio relativo alla misura speculare. Manca il decreto attuativo sul bonus che il ministero dello Sviluppo economico dovrà emanare di concerto con quello dei Trasporti per poi da sottoporlo al vaglio della Corte dei Conti; così come non risulta attivata la piattaforma online per richiedere gli incentivi.

Infine, se non possiamo che condividere una transizione verso una mobilità sostenibile e sostenere l’intento del Governo nel rendere più conveniente acquistare vetture con basse emissioni, ricordiamoci che con questa strategia market pull, i soldi del bonus andranno tutti ai produttori asiatici, mentre poco o niente viene fatto per incentivare una trasformazione della filiera automotive nazionale verso l’elettrico. Inoltre, la norma si propone di migliorare l’aria che respiriamo nelle città: bene è un contributo valido, ma non la soluzione contro l’inquinamento atmosferico. Perché secondo i recenti dati rilasciati dall’Ispra, Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale, oltre ai veicoli elettrici servirebbe l’elettrificazione dei sistemi di riscaldamento cittadini. Infatti, se consideriamo la voce più pesante dell’inquinamento atmosferico: il particolato, insieme di sostanze sospese nell’aria, il PM2,5, quello più sottile e più insidioso, è dovuto per il 59% al riscaldamento, per il 18% alle auto e per il 15% all’industria.