Con un motu proprio, una decisione libera del Romano Pontefice immediatamente esecutiva, Francesco ha apportato ulteriori correttivi alla riforma della giustizia penale dello stato Vaticano. Al centro dell’attenzione del Papa è finito il condannato, l’imputato riconosciuto colpevole di un reato all’interno della Santa Sede, una figura che sembrava appartenere ad un remoto passato ma che dal 2012, con la vicenda del maggiordomo di Benedetto XVI divenuto “corvo”, è tornata di stringente attualità.



Le nuove norme prevedono un limite alle manette e uno sconto della pena per quel condannato che mostri segni di ravvedimento, di un percorso di conversione etico e civile.

È chiara l’antropologia che un simile intervento legislativo sottende, la domanda – casomai – riguarda il motivo che ha spinto il Papa, proprio ora, ad un simile provvedimento. La ragione non va cercata in un qualche intricato passaggio politico, ma nel tempo liturgico che la Chiesa si appresta a vivere, quello della Quaresima. Se tutti gli interventi riformatori di Bergoglio puntano, in materia di giustizia, a ritrovare il volto del condannato al di là della stessa condanna, questo particolare provvedimento invita tutti a fare un percorso che sappia trascendere dalle singole azioni del nostro cammino per ritrovare le tracce di un disegno, di una strada: quale mappa stiamo tracciando con i nostri comportamenti? Dove stiamo conducendo la nave della nostra vita? A che punto siamo con quel ravvedimento operoso che è l’essenza e la scommessa di ogni quaresima in cui l’uomo si scopre lontano e distratto dalla presenza di Dio?



Il motu proprio del Papa è dunque un invito a fermarci per interrogarci sulla direzione che stiamo dando alla nostra esistenza, ma è anche la provocazione ad uno sguardo nuovo sull’altro, al diventar capaci di scorgere l’itinerario che ogni azione umana – anche la più terribile – mette in moto nel percorso del prossimo. I nostri occhi sono spesso pieni di ingiustizie e di errori, mentre invece dovrebbero essere calamitati dall’avventura umana – dal viaggio – che ogni gesto umano innesca, grati per aver potuto ciascuno accostare un pezzetto della strada che nell’altro ci incuriosisce e ci sfida.



A ben vedere il Santo Padre non sta soltanto riformando parte della giustizia penale vaticana, ma con le sue parole traccia una rotta per le nostre esistenze individuali, richiamandoci a trasformare il tempo della Quaresima che inizia in una stagione di Grazia e di stupore, in una via – a volte stretta – che ci può aprire senza indugio la porta che conduce alla nostra casa.

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