Nella giornata di oggi è finalmente arrivata una svolta importante nell’omicidio Sharon Verzeni con il fermo – in un primo momento – del misterioso uomo in bicicletta e – poi – una piena confessione: in manette è finito il 31enne Moussa Sangare, italiano ma con genitori (riferisce il Corriere della Sera) originari del Mali; residente da tutta la vita poco distante dall’ormai tristemente famosa Terno d’Isola e – da una prima ricostruzione – incensurato oltre che probabilmente affetto da problemi psichiatrici.
La posizione di Moussa Sangare – è bene precisarlo – va ancora confermato con dovizia di dettagli e prima di parlare di assassino dobbiamo attendere sicuramente l’esito dei processi che si apriranno a suo carico; ma nel frattempo forti di una piena confessione da parte dell’uomo e dei racconti da parte di alcuni misteriosi testimoni rimasti nell’ombra fino a questo momento, sembra anche che gli inquirenti abbiano pochi dubbi sull’accaduto.
Non solo, perché Moussa Sangare – che risulta anche fisiologicamente compatibile con quella figura in bici immortalata mentre si allontanava rapidamente dalla scena dell’omicidio – avrebbe anche indicato il luogo in cui trovare l’arma del delitto e i suoi abiti ancora sporchi di sangue, portando gli inquirenti a verificare il racconto e a trovare effettivamente quattro lunghi coltelli: per questa ragione contro l’autore (lo ripetiamo: per ora presunto) dell’omicidio Sharon Verzeni verrà mossa anche l’aggravante della premeditazione.
Chi è Moussa Sangare: il 31enne ha confessato l’omicidio Sharon Verzeni parlando di un “raptus improvviso”
Tornando un pochino indietro (oppure avanti, che dir si voglia), per ora il profilo dell’unico indagato per l’omicidio della barista 33enne risulta abbastanza atipico rispetto all’omicidio effettivamente commesso: nei suoi 31 anni di vita Moussa Sangare non sembra essersi mai macchiato di alcun reato con una fedina penale immacolata; fuorché – almeno – per un’indagine mossa dalla Procura di Bergamo con l’accusa di maltrattamenti ai danni di sua madre e di sua sorella, contro la quale avrebbe anche puntato un coltello.
Sappiamo anche che Moussa Sangare da tempo era disoccupato e viveva in quel di Suisio (ad una manciata di chilometri di distanza da Terno d’Isola), così come sembra assodato che non conoscesse la vittima e che abbia agito in quello che lui stesso – parlando con gli inquirenti – ha definito “un raptus improvviso”: poco prima di colpire a morte la 33enne aveva minacciato anche “due ragazzini – spiega la procuratrice Maria Cristina Rota – di 15/16 anni, ma poi ha desistito”; mentre il suo legale non ha saputo fornire informazioni sulla sua effettiva salute mentale, definendo “verosimile che ci sia una problematica psichiatrica“.