È previsto lunedì mattina l’interrogatorio di convalida del fermo di Moussa Sangare, l’uomo che ha confessato di essere l’autore dell’omicidio di Sharon Verzeni a Terno d’Isola. Dopo la sua confessione, contenuta in 20 pagine di verbale, è accusato di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, quindi il gip dovrà valutare la richiesta di convalida del fermo della procura. La svolta nelle indagini è arrivata grazie a due testimoni, così Sangare è stato sentito: inizialmente ha traballato, poi sono cominciate le contraddizioni.



Ad esempio, gli è stato chiesto quando si fosse tagliato i capelli l’ultima volta: ha risposto di averlo fatto tre mesi fa, ma la sua risposta è stata giudicata inverosimile, visto che era evidente che si fosse rasato da poco. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, non si esclude che lo abbia fatto per provare a cambiare look ed essere meno riconoscibile.



Inoltre, ha negato di essere transitato da Terno d’Isola negli ultimi mesi, eppure è stato ripreso dalle telecamere, come quella che ha registrato il suo passaggio in bicicletta, i cui dettagli combaciano con le caratteristiche della sua, nonostante le modifiche che ha fatto al manubrio e ai catarifrangenti dopo il delitto. Anche questo per gli inquirenti rappresenta un elemento per ritenere che Moussa Sangare volesse sviare le indagini sull’omicidio di Sharon Verzeni.

OMICIDIO SHARON VERZENI, I PASSI FALSI DEL KILLER

Moussa Sangare ha provato a sostenere che l’uomo in bicicletta non fosse lui, ma alla fine ha confessato e ha aiutato gli inquirenti a ritrovare l’arma: si tratta di un grande coltello che è stato trovato in un’area verde vicino all’Adda. I sommozzatori hanno poi trovato un sacchetto con i vestiti e le scarpe che indossava quando ha compiuto il delitto, insieme ad altri tre coltelli, che aveva gettato via insieme ad alcune pietre nella speranza che restassero sul fondale del fiume.



Dopo l’omicidio di Sharon Verzeni era tornato a Suisio, dove viveva, e ci è rimasto per un mese, senza farsi vedere molto in giro, se non la sera tardi. Il vicino al Corriere della Sera ha dichiarato di averlo incrociato cinque giorni fa, di mattina presto, segnalando che indossava gli occhiali da sole, invece il gestore di una pizzeria lo aveva visto di sfuggita due settimane fa mentre usciva da un bar.

LA SORELLA DI MOUSSA SANGARE: “NESSUNO LO HA AIUTATO”

Nelle ultime ore ha parlato anche la sorella di Moussa Sangare: la 24enne, che studia ingegneria gestionale, all’Eco di Bergamo ha spiegato che lei e la madre avevano fatto tutte le opportune segnalazioni, ma nessuno è intervenuto per aiutare il fratello. «Non doveva finire così, assolutamente no», ha dichiarato pensando alla povera vittima dell’omicidio e alla sua famiglia. Awa ricorda lo choc quando ha appreso che il fratello è l’assassino, una sensazione che non l’ha mai lasciata, perché non poteva pensare che sarebbe arrivato a uccidere. Da quando lo avevano denunciato per maltrattamenti, non vivevano più insieme e non avevano più contatti, anche se abitavano su due piani diversi.

Tutto era cambiato a causa della dipendenza dalle droghe sintetiche dopo due viaggi, in Usa e a Londra, nel 2019. «Non era più lui» da quel momento, ma nessuno ha fatto niente per aiutarlo. «A noi, dopo aver verbalizzato le denunce, hanno dato i volantini dei centri antiviolenza mentre per un ricovero in qualche centro per fare uscire Moussa dalla dipendenza ci hanno risposto che doveva essere lui a presentarsi in modo volontario».

Infine, ricorda di quando il fratello l’ha minacciata con un coltello: non se n’era accorta fino a quando la mamma, che non parla più a causa di un ictus, le ha fatto capire che era in pericolo, quindi lei si è girata e il fratello si è fermato e se n’è andato ridendo.