La movida è nociva per la salute, quindi i residenti possono chiedere il risarcimento dei danni al Comune. Lo stabilisce una sentenza della Cassazione, riguardante il caso di una coppia che vive in via Fratelli Bandiera, nel “cuore” di Brescia. La prima denuncia risale al 2012, si è arrivati poi al ricorso per Gianfranco Paroli, fratello dell’allora sindaco Adriano (ora senatore di Forza Italia), e la moglie Piera Nava. La coppia abitava in una strada di un quartiere storico della città, che la sera si riempiva di ragazzi fino a tarda notte. I coniugi hanno, quindi, chiesto un risarcimento per le “immissioni di rumore” nella loro abitazione. In primo grado aveva avuto ragione dal tribunale, che condannava il Comune a pagare 20mila euro a testa per il danno non patrimoniale, 9mila per il danno patrimoniale, più le spese di lite e gli avvocati.
Quindi, spettavano loro oltre 50mila euro perché, a detta dei giudici di primo grado, “è innegabile che l’ente proprietario della strada da cui provengono le immissioni denunciate debba provvedere ad adottare le misure idonee a far cessare dette immissioni”. Quindi, era stata riscontrata “una carenza di diligenza da parte del comune convenuto“. Inoltre, si fissava l’obbligo per il Comune di predisporre un servizio di vigilanza nelle sere dal giovedì alla domenica e da maggio a ottobre per evitare assembramenti notturni per strada. In appello invece la sentenza era stata ribaltata. Il giudice in questo caso aveva stabilito che non fosse il Comune a dover intervenire e neppure al giudice ordinario stabilire le modalità di intervento della pubblica amministrazione in casi di questo tipo.
MOVIDA, SENTENZA CASSAZIONE APRE A NUOVE CAUSE?
Da qui il ricorso in Cassazione dalla coppia che si è vista dare ragione con una sentenza che va oltre i confini di Brescia, perché potrebbe essere usata da altri cittadini. Stando a quanto riportato dal Messaggero, i giudici della Cassazione hanno stabilito che l’istanza della coppia era legittima, quindi hanno disposto, attestandosi ai principi di tutela della salute, un appello bis affinché un nuovo processo quantifichi i danni subiti dai residenti. I giudici di secondo grado, dunque, sono stati “bacchettati” dagli ermellini, perché “la pubblica amministrazione è tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni“. Di conseguenza, coloro che vivono nei quartieri della movida possono chiedere il risarcimento dei danni subiti dalle amministrazioni comunali che non sono in grado di garantire il rispetto delle norme della quiete pubblica e, di fatto, non tutelano la salute dei cittadini. Infatti, come riportato dal Messaggero, la Suprema Corte ritiene che il Comune “può essere condannato sia al risarcimento del danno patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione di quei diritti, sia la condanna ad un ‘facere’, al fine di riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità“. Per gli ermellini, il Comune è tenuto “ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni“, per questo può essere condannato al risarcimento del danno.