Prosegue il lavoro di “pulizia” della Banca Mps sui crediti deteriorati ancora “rimasuglio” della maxi crisi legata a Monte dei Paschi di Siena: l’ad Marco Morelli, ha annunciato ieri il board Mps in una nota, ha appena concluso ieri tre operazioni successive di cessione di deteriorati per un importo complessivo di 1,8 miliardi di euro (di questi, quasi tutti andati a Illimity Bank, 1,6 miliardi). Il tutto davanti all’accordo già siglato con il Ministero dell’Economia e il Governo: in questo modo, proprio con questi ultimi accordi sale a circa 3,8 miliardi, la zavorra complessiva di cui si è liberato il gruppo nel 2019 (fonte Camila Conti, Il Giornale). Il lavoro di Morelli è frutto della pressione che l’attuale principale azionista di Mps, il Mef, sta mettendo sulla banca senese dopo aver chiesto a Bruxelles una proroga della comunicazione del piano di dismissione del 67% verso l’inizio del 2020. L’opera di “pulizia” è una sorta di captatio benevolentiae verso l’Unione Europea, in modo da convincerli della bontà dell’azione portata avanti da Mps sotto l’egida stretta del Ministero guidato da Roberto Gualtieri: il problema, sottolinea il Giornale oggi ma lo stesso Sole 24 ore qualche giorno fa, è che potrebbe anche non bastare tutto questo sforzo. «Gli sherpa del ministro stanno negoziando da settimane una «privatizzazione morbida»: l’ ipotesi di scissione del Monte tra una bad bank destinata ad accogliere e gestire i crediti deteriorati rimasti in bilancio e una good bank che sarebbe messa rapidamente sul mercato», spiega la collega Conti.
MPS, PESA IL GIUDIZIO (SOSPESO) DELL’UE
E il problema è proprio questo tipo di salvataggio, nelle settimane dove già il mirino di Bruxelles è puntato sulla gestione banche dello Stato italiano dopo il caso Banca Popolare di Bari: ad oggi, il Tesoro punta a trasferire circa 10 miliardi di crediti deteriorati di Monte dei Paschi di Siena presso l’Amco, una società controllata dallo stesso Ministero Economia per poter rendere così Mps più “appetibile” per una futura aggregazione. Il problema è che Bruxelles teme che l’operazione dell’Italia sia volta ad una sorta di “aiuto di Stato” che le regole europee contrastano con ogni mezzo: tra l’altro, ricorda bene l’Agenzia Ansa, è proprio l’Amco ad aver avuto una “ricapitalizzazione” di un miliardo di euro per poter consentire il salvataggio immediato di Banca Carige e Popolare di Bari. Entrare anche in Mps potrebbe essere un’azione che l’Ue potrebbe non gradire: la Vestagher su questo è stata netta, ha già fatto sapere a Gualtieri (sostiene il Giornale, ndr) che per cedere quei 10 miliardi di crediti deteriorati serve offrirli a fondi pronti a pagarli dal 20 al 30% del loro valore, dunque non ad Amco. I riflettori tanto della vigilanza di Bankitalia quanto quelli della Commissione Europea sono sempre più puntati su Mps: l’impressione è che i primissimi mesi del 2020 potranno dire molto, se non tutto, sul destino immediato della Banca Montepaschi.