Il Governo italiano, secondo quanto riportato da Bloomberg ieri mattina, avrebbe chiesto al management di Unicredit se possa essere interessato a comprare la propria quota di maggioranza di Banca Monte Paschi. Le discussioni sono “preliminari” e l’opzione non sarebbe l’unica sul tavolo. Il Governo italiano, ricordiamo, detiene una partecipazione di quasi il 70% in Mps. La crisi economica prima, in particolare in Italia, e poi un periodo prolungato di tassi bassi hanno penalizzato i bilanci bancari; le filiali sul territorio sono un costo sempre più difficile da remunerare dato che si può fare moltissimo a casa con una connessione internet e un computer o, semplicemente, con uno smartphone. Il Covid ha impresso un’accelerazione a processi che erano in atto da anni sia schiacciando ancora di più i tassi di interesse, sia per aver penalizzato il canale fisico rispetto a quello “digitale”. In questo contesto diventa decisivo crescere di dimensione e mettere a fattor comune i costi.



In Europa abbiamo assistito sia in Francia che in Spagna a operazioni di consolidamento di banche nazionali perché, pur con performance economiche molto diverse, le sfide sono le stesse per tutti. Ovviamente è molto meglio gestirle con Pil in aumento piuttosto che dal fanalino di coda della crescita europea; la sostanza però non cambia.



È persino inutile specificare che il settore bancario è strategico e che ogni Paese ha interesse a mantenerlo allineato ai propri interessi. Nel mondo reale le carte di identità nazionali fanno e continueranno a fare tutta la differenza del mondo come abbiamo visto proprio con gli aiuti statali all’economia che i Governi hanno varato dopo i lockdown primaverili. Il mercato comune europeo è andato a farsi benedire nel giro di qualche settimana e le preoccupazioni a questo proposito si sono lette sul Financial Times in articoli firmati da ex banchieri centrali. In una fase in cui il debito italiano sale di livello consolidando il vincolo esterno, un altro fatto notato da “europeisti” di ferro, avere un sistema bancario in grado di intendersi con il sistema Paese è fondamentale.



In Italia, ricordiamo, abbiamo assistito a una riforma delle popolari che ha lasciato circa un terzo del sistema bancario italiano “scoperto”; società diventate, nottetempo, public company quotate senza uno straccio di indirizzo. Un passaggio che sarebbe stato inconcepibile in qualsiasi altro Paese europeo e questo vale anche per chi trovava “desueto” il voto capitario.

Dopo l’acquisizione di Ubi da parte di Intesa i soggetti medio-grandi che si devono in qualche modo consolidare non sono esattamente moltissimi. Uno, appunto, è Monte Paschi. Nessuno contesta lo scenario di fondo e i trend che andamento economico, tassi e pandemia molto probabilmente impongono e accelerano. La questione quindi diventa come convivere con questi trend in modo intelligente per il sistema Paese e con garanzie che uno Stato che lascerà per strada il 10% del Pil non può non chiedere.

La “soluzione di mercato” è un mito che può nascondere tutto e il contrario di tutto. Non abbiamo idea di come finirà questa vicenda e di quale fisionomia avrà alla fine il sistema bancario italiano; sappiamo però benissimo quanti danni strategici si possano fare. Ci sono soluzioni “di mercato” pessime per il Paese e altre ottime; ci sono anche finte “soluzioni di mercato” pessime soprattutto quando il Governo per vendere al grande pubblico la soluzione di mercato permette condizioni privilegiate.

Vi ricordate il Governo che spezza le reni ai Benetton mentre poi, nemmeno un mese dopo, si esplora la vendita di Autostrade per l’Italia al miglior offerente a valore pieno? Tra annunci ed esiti la differenza può essere persino surreale.