Torniamo a parlare di risiko bancario in questo agosto, mese caldo non solo per le temperature ma anche per la finanza. E torna di nuovo centrale la vicenda Mps, in questo momento il vero snodo nel riassetto del sistema bancario italiano. Abbiamo fatto più volte, in precedenza, il punto della situazione su queste pagine. Il 29 luglio, dopo poco più di tre mesi dall’insediamento del nuovo Ad Orcel, UniCredit si è fatto avanti e ha rotto gli indugi, annunciando ciò che si aspettava da tempo, formulando una due diligence, un accordo preventivo e non vincolante con il Mef per l’acquisto della banca senese di cui il Tesoro detiene il 64% del capitale. Il documento non contiene ancora numeri precisi, ma apre una trattativa che avrà risvolti importanti, andando a definire e chiarire meglio gli equilibri sul tavolo del risiko bancario.
Tempi scelti non a caso. Quasi contemporaneamente sono stati presentati i conti di UniCredit del secondo trimestre 2021 con un utile netto di 1.034 miliardi e sono stati comunicati da parte della Bce i risultati degli stress test dove Mps è risultata la banca nella peggiore situazione con un pesante deficit.
Tra le condizioni avanzate da UniCredit: niente crediti deteriorati e niente rischi legali, la neutralità del capitale perché i soci non dovranno perderci, una sorta di impatto zero per i propri azionisti. UniCredit cerca di ripercorrere in qualche modo la strada intrapresa da Intesa San Paolo quando ha acquisito le banche venete, lasciando alle casse pubbliche il peso dei fallimenti dei relativi istituti. Con questa mossa UniCredit si avvicinerebbe ai numeri di Intesa che, dopo l’operazione con Ubi dell’anno scorso, è diventata la banca leader nel mercato nazionale. Si verrebbero a formare così due poli bancari quasi uguali sul territorio italiano, lasciando spazio a un possibile terzo polo, un ulteriore consolidamento del sistema che potrebbe coinvolgere in vario modo Banco Bpm, Bper, Popolare di Sondrio, il gruppo assicurativo UnipolSai, la governance di Mediobanca.
Il Governo tratta con UniCredit per la banca di Siena e i partiti, con diverse sfumature, sono un po’ tutti contro tutti, fanno fatica a comprendere la vera portata dei problemi, al di là della facile convergenza sulla difesa occupazionale, del marchio e del territorio, prospettano per lo più soluzioni irrealistiche stante la situazione attuale che ha assoluto bisogno di una soluzione per il futuro e per rimediare agli errori compiuti.
Ci sono quaranta giorni, sino a settembre, per la due diligence, per un insidioso percorso politico della trattativa e siglare eventualmente l’accordo.
“Nessuna svendita”. Il 4 agosto il ministro dell’Economia Daniele Franco è stato ascoltato in audizione congiunta dalle Commissioni Finanze di Senato e Camera per fare il punto della situazione. La prospettiva di una cessione della banca a UniCredit è una soluzione “strategicamente superiore per l’interesse del Paese”, ha affermato… “Credo ci siano i margini, ma non chiuderemo a tutti i costi. Perseguiremo una soluzione positiva per tutti, territorio, città di Siena, Paese..”. “L’esito dello stress test conferma l’esigenza di un rafforzamento strutturale di grande portata per Mps e, per portarla su valori medi delle banche europee, servirebbe un aumento di capitale superiore a quello previsto dal piano 2020-2025 da 2,5 miliardi di euro”.
Il Ministro ha fornito anche altri due dati: le Dta (imposte differite attive trasformabili in anticipi di crediti di imposta) sarebbero di 2,2 miliardi, mentre un eventuale aumento di capitale, da realizzare contestualmente all’operazione di cessione a UniCredit, ammonterebbe a 1,5 miliardi.
“Se la banca restasse soggetto autonomo, sarebbe esposta a rischi e incertezze considerevoli, avrebbe seri problemi, ma non vi sono al momento elementi che facciano intravedere rischi di smembramento della banca Monte dei Paschi”. L’operazione non includerà 4 miliardi di euro di crediti deteriorati e i rischi legali. Nel caso probabile in cui la Commissione Ue ponesse un obiettivo più ambizioso di riduzione dei costi per Mps, gli esuberi di personale potrebbero essere considerevolmente più elevati rispetto alle 2.500 unità di esodi volontari stimati dalla banca nel piano industriale.
“Mps è la banca più antica del mondo. La salvaguardia dell’occupazione e del marchio, della città di Siena, oltre che del risparmio, sono le priorità del Governo”, ha detto Franco. Al termine dell’aggregazione UniCredit-Mps il Mef potrebbe ritrovarsi azionista di Unicredit, “ma tale eventuale partecipazione al capitale non dovrebbe alterare gli equilibri di governance”.
Il giorno dopo l’audizione la Borsa ha risposto positivamente. C’è da registrare che soluzioni alternative in questi anni non sono state trovate e il Governo, oltre a rispettare gli impegni con l’Europa, con questa operazione frenerebbe il conto finale per lo Stato che non può che aumentare con il tempo al pari delle perdite di Mps.
Ma qual è a oggi lo stato di salute del sistema italiano? Se buona parte delle nostre banche hanno superato il momento più difficile della crisi dovuta alla pandemia migliorando la propria solidità, ora con la ripresa economica arriva una fase ancora complicata e difficile perché le moratorie sono destinate a finire e lasceranno sul terreno decine di miliardi di crediti in sofferenza. Un problema gestibile ma solo una ripresa duratura ridurrà l’impatto dei nuovi Npl sui bilanci.
Intanto la Vigilanza bancaria della Bce a fine luglio ha ritirato il divieto per le banche di distribuire dividendi ai propri azionisti e di acquistare azioni proprie. Un ritorno alla normalità, molto atteso da investitori e risparmiatori, che scatterà dal primo ottobre, anche se non per tutte le banche. Un segnale positivo dove le aggregazioni hanno un peso positivo e non secondario.
L’operazione UniCredit-Mps non è solo finanziaria, ma va declinata anche in termini industriali e di sostegno al Paese. L’uscita obbligata del Tesoro da Mps diventa un’importante occasione di politica industriale nel credito, in una fase di ripresa dell’economia con il Pnrr da portare avanti.
Servono banche solide ed efficaci, al servizio del Paese che siano leva per investimenti privati e pubblici verso i settori che hanno una reale prospettiva di sviluppo e rappresentano il futuro dell’economia. UniCredit è una di queste, una delle prime mosse di Orcel è stata quella di rafforzare la radice italiana della banca creando UniCredit Italia.
Ciò che chiede UniCredit al Governo non è poco certamente, tra richieste, esuberi, vincoli, interessi sulla rete commerciale, saranno tante le difficoltà che emergeranno in queste settimane di due diligence e potranno essere superate solo in un’ottica di sistema, guardando all’interesse generale. Se vi saranno le condizioni bisognerà però decidere, aspettare ancora sarebbe un grave errore.
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