Morire a diciott’anni mentre lavori: anzi non lavori davvero perché eri a scuola e ti trovavi nello stabilimento dove ti cade in testa una putrella di ferro di centocinquanta chili, non per uno stipendio ma per l’ultimo giorno di uno stage previsto dall’alternanza “scuola lavoro”: qualcosa cioè che nelle intenzioni ministeriali dovrebbe essere il volano per  avvicinare i giovani al mondo del lavoro, non per mandarli all’altro mondo. È quanto accaduto venerdì a Lorenzo Parelli a Castions di Strada in provincia di Udine.



La madre di Lorenzo, Maria Elena Dentesano, urla: “mio figlio è andato a scuola e non è più tornato”. È un urlo che è uno schiaffo alla Costituzione, al lavoro come fondamento della Repubblica. Perché – è evidente – non è stata rispettata qualcuna delle norme di sicurezza sul lavoro che vede ormai da anni l’Italia cenerentola in Europa. Con grande dignità e maturità la mamma, sorretta dal marito, dichiara al Corriere della Sera: “Non incolpo nessuno. Anche perché non so con esattezza cosa sia successo. Solo un fatto è certo: mio figlio è uscito per andare a scuola e non è più tornato”.



Non sappiamo cosa sia accaduto e le indagini faranno il loro corso. Non possiamo dimenticare però che, al di là delle dichiarazioni di rito, queste, drammaticamente, sono occasioni per riflettere sulla cultura del lavoro. Occorre aver chiaro che l’unica prevenzione efficace è quella che, attraverso apposite barriere, rende materialmente impossibile l’errore umano: in questo caso bisognava rendere impossibile che la putrella cadesse sulla testa del ragazzo. Impossibile non vuol dire difficile o improbabile: vuol dire impossibile. Per raggiungere questi standard di sicurezza occorre essere convinti che la sicurezza è elemento fondante per la dignità del lavoro.



La riflessione che sto svolgendo è necessaria perché i nostri comportamenti dipendono dalle nostre convinzioni. Mentre le norme legislative tendono a seguire in maniera sempre più stretta il criterio di massima sicurezza che ho enunciato sopra, può accadere che alcuni comportamenti rendano la tragedia possibile. Non mi riferisco al caso in cui è rimasto vittima il povero Lorenzo visto che le indagini sono appena agli inizi: non è raro però che, per rendere più facile il lavoro, gli operatori disattivino alcuni accorgimenti utilizzati per rendere il lavoro più sicuro.

Uno dei motivi per cui in Italia avvengono più infortuni che in altri Paesi è perché molti incidenti accadono in aziende piccole, medio-piccole o anche individuali, che in Italia sono tantissime. A volte l’operaio che svolge la propria attività o il lavoratore che agisce come singolo, per stare sul mercato, decide in maniera imprudente di togliere alcuni sistemi di sicurezza che rendono il lavoro più complicato e meno agile. Decide di rischiare di più, non semplicemente perché vuole guadagnare di più, ma perché ha margini così risicati da rischiare la chiusura e il fallimento.

Per fare un esempio, sul Frecciarossa nessun componente dell’equipaggio decide di trascurare la benché minima norma di sicurezza perché quegli accorgimenti sono assolutamente inglobati nei meccanismi aziendali e se li mettesse da parte sarebbe solo a lui a rischiare il licenziamento. Invece il muratore che lavora nella sua piccola ditta di costruzione insieme al fratello e allo zio, spinto dalla necessità, può decidere, sbagliando, di correre il rischio di passare sotto un carico di calcestruzzo con il pericolo che si stacchi, solo perché deve fare una consegna ed è in ritardo. Un camionista che lavora per un’azienda che possiede centinaia di autotreni rispetterà certamente tutte le norme di sicurezza perché la ditta le ha previste nei suoi costi e gliele impone. Invece se l’automezzo che guida è il suo, sarà spinto a rischiare molto più del necessario con un viaggio magari fuori orario. Con lo stesso ragionamento farà magari delle riparazioni non in qualità garantita perdendo un po’ per volte le cautele che erano implementate all’origine.

Non ne vale la pena, ricordiamocelo. Non dobbiamo correre nessun rischio che metta in pericolo la nostra vita e la felicità delle persone che amiamo. Che la morte del povero Lorenzo ci aiuti per lo meno a comprendere questo.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI