Il grande chansonnier ha ancora una volta preferito Parigi e il suo pubblico di più di duemila persone per presentare la sua nuova creatura, “Psiche”, che esce a quattro anni di distanza dal precedente disco di inediti dell’artista astigiano, “Elegia”.
Nella Salle Pleyel il 5 settembre, accompagnato dall’Orchestra Sinfonica dell’Ile de France, Paolo Conte ha presentato i quindici brani che compongono il disco e che riportano tutti i tratti inconfondibili della sua opera: la nostalgia, l’incompiuto e la magia del quotidiano, toccati con la consueta leggerezza del clown.
Il disco è uscito in tutto il mondo il 19 settembre ed è caratterizzato dall’uso del synth, che dà un suono, come dice la parola stessa, artificiale, e che viene definito dallo stesso Conte “di gomma”, “di plastica”, per questo “neutro”, ma “non privo di poesia”; a un primo ascolto il suono sembra in effetti quasi asettico, a tratti inospitale in questa sua neutralità, ma comunque accattivante nell’unione con la voce roca e sinuosa del cantautore.
La lentezza ponderata di “Psiche”, il primo brano, e il suo brevissimo testo aprono all’introspezione dell’autore sul momento creativo e sull’atto della conoscenza. Il linguaggio è spesso onirico e volutamente incomprensibile, per questo aperto a ogni interpretazione e anche al fraintendimento da parte di chi ascolta, come ha dichiarato Conte in un’interessante intervista rilasciata a Silvia Boschero su RadioUno Village in occasione della presentazione del disco in settembre.
Non mancano riferimenti alla tradizione musicale mitteleuropea, a quella nomade e circense, al mondo del ciclismo, a un universo in cui la donna è misteriosa e fatale; ogni brano è da contemplare come un’opera pittorica dai tratti decisi e isole di colore che la musica riesce a cristallizzare fuori dal tempo: i personaggi – stilizzati quando non caricaturali -, i luoghi – spazi aperti, infiniti, nei quali girovagare -, gli oggetti – specchio dei desideri più nascosti dell’animo umano – sono tutti profondamente evocativi, richiamano memorie e sensazioni appartenenti al passato. Ogni parola apre a un mondo, ogni suono rievoca un’immagine: sospiri, mugugni, silenzi impalpabili, frasi frantumate come un quadro impressionista; ritmi incalzanti e promesse di futuro degni delle opere di Giacomo Balla; feste gitane o fanfare di paese.
Il tono vibrante e commosso, quasi una preghiera – alla donna? all’arte? all’assoluto? non ci è dato saperlo – che usa in “Leggenda e popolo”, titolo altisonante e impegnativo, rivela una ricerca umana appassionata e instancabile; lo stesso Conte ama definirsi “nomade nel pensiero” e ci si convince che il vero trasformista, come la “Ludmilla” del disco, sfuggente e fedele a se stesso, compito e sornione, vezzoso e schivo, sia proprio lui. Il disco non ha forse tuttal’intensità e la potenza evocativa contenute in “Elegia” (2004), certo è che la ricchezza poetica di rimandi e rivisitazioni contenute nelle opere di Paolo Conte sono pressoché impossibili da trovare in qualsiasi altro cantautore italiano; ascoltando e riascoltando questa sua ultima fatica rimane la certezza di lasciare sempre un particolare ancora incompreso, un senso nascosto che solo si intuisce e non si desidera altro che soffermarsi su ogni nota, ogni parola e contemplarle come davanti a un quadro.
Abbiamo anche noi, dopo Parigi, l’occasione di ascoltarlo dal vivo; l’artista ha, infatti, in programma una serie di concerti tra Milano e Roma; sarà a Milano al Teatro Smeraldo dal 14 al 19 ottobre 2008 e a Roma al Teatro Sistina dal 18 al 23 novembre 2008. Per ulteriori informazioni si rimanda al sito ufficiale dell’artista: www.paoloconte.it
(Marta Cossu)