Trent’anni fa entrare a un concerto della Società del Quartetto di Milano era impresa quasi impossibile, oggi invece non occorre nemmeno prenotare.
E’ noto che da anni, soprattutto in Italia, la musica contemporanea è una minuscola nicchia riservata ai pochi cultori del genere. Ma è il pubblico della musica classica tout court, che sta diventando sempre più oggetto da museo, ad essere in diminuzione. Questo proprio per la crisi profonda della musica contemporanea,  la “parte viva” in cui i compositori esprimono l’uomo d’oggi con i problemi, le tensioni e i desideri che lo contraddistinguono e che lo differenziano da quello del ‘700.
Le cause di questa crisi sono molteplici (educative sociali ed economiche), ma vorrei porre l’attenzione sul rapporto tra compositore e pubblico. Ne parlo come pianista che spesso esegue oltre ai grandi classici (Beethoven, Chopin…) anche la musica di ieri (Bartòk, Debussy…) e di oggi (Crumb, Ligeti…).
Ho la sensazione che il pubblico si sia annoiato del cliché tipico del compositore contemporaneo europeo: voglia di provocare, astratte e complesse costruzioni formali (ovviamente non percepibili all’ascolto) che giustificano qualsiasi accozzaglia di suoni a causa di un meccanismo compositivo, irrisione della grande tradizione, (oppure rifiuto in blocco della stessa)… L’espressione che esce da questi brani è disperata e disumana, certamente frutto anche di un periodo storico molto complesso e travagliato che ha visto due guerre mondiali e diversi totalitarismi Ma l’uomo di oggi cosa cerca nella musica classica? Può cercarvi rassicuranti atmosfere magari anche evocative ma statiche, che non provocano un movimento, una tensione, un percorso; questo spiega (in parte) il successo di compositori come Allevi ed Einaudi, che appunto sono maestri del creare questi “quadri sonori”.
A mio parere però queste sono risposte parziali: un uomo non può accontentarsi di questo. Sono convinto che nella musica si ricerchi l’uomo, l’esperienza umana, anzi, un uomo con una speranza e un legame con il passato che gli permetta di affondare lo sguardo nel futuro.
Martedì al concerto della Società del Quartetto ho potuto ascoltare “sine qua non” di Matteo Franceschini, giovane compositore (classe ’77) che mi pare vada in questa direzione.
Non avendo analizzato la partitura, il mio approccio è stato quello dell’ascoltatore, del pubblico seduto in sala.
Si tratta di un brano di circa 25 minuti in tre movimenti in cui il pianoforte dialoga con un ensemble. Vi ho sentito un forte legame con la tradizione del primo Novecento (Bartòk e Stravinskij soprattutto) con alcuni momenti (come la chiusa del terzo movimento) che potevano ricordare per dolcezza addirittura Chopin. Ho quindi potuto apprezzare un dialogo con momenti drammatici e altri più intimi, che mi hanno comunicato un’esperienza, un cammino, dove il pianoforte, dopo un’introduzione lenta e intensa espone un primo tema, l’inizio del viaggio. Da qui parte il serrato confronto tra il pianoforte e gli altri strumenti, che può divenire rapidamente scontro tra pianoforte ed ensemble oppure collaborazione.
Dopo il secondo movimento, molto evocativo, il terzo più gioioso e divertito, quasi scherzoso. Nell’ultima pagina si risente l’introduzione lenta dell’inizio, come a dire che dopo questo viaggio si è tornati a casa. Non so se ”sine qua non”  sia un capolavoro, l’ho ascoltato solo una volta e ci vuole del tempo per arrivare a simili conclusioni, di certo si muove nella direzione di una comunicazione tra autore e pubblico, che tende coinvolgere quest’ultimo in un’avventura da affrontare insieme. Non per niente è stato molto apprezzato dai numerosi presenti, non solo “addetti ai lavori” della musica contemporanea. Sembra questa la via che occorrerà prendere in futuro, alla ricerca di una rinnovata armonia tra autore, esecutore e pubblico.



(Francesco Pasqualotto)

Società del Quartetto, 28 ottobre 2008, Conservatorio di Milano

Divertimento Ensemble
Sandro Gorli, direttore
Elizabeth Norberg-Schulz, soprano
Maria Grazia Bellocchio, pianoforte

G. Mahler, Liedere eines Fahrenden Gesellen (trascr. Schoenberg)
M. Franceschini, “sine qua non” per pianoforte e ensemble
A Schoenberg, Pierrot Lunaire op.21



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