Denuncia (penale) per Claudio Trotta, patron di Barley Arts, una delle più importanti agenzie di promozione di concerti italiane. Tutto per colpa di 22 minuti di musica in più, eseguita dal sempre troppo generoso Bruce Springsteen durante il concerto tenuto lo scorso giugno allo stadio San Siro di Milano.
Quella sera il Boss, terminato regolarmente lo show alle 23.30, orario massimo secondo le ordinanze per evitare di disturbare i residenti della zona, non è riuscito a trattenersi ed è tornato sul palco per regalare ulteriori bis, per la gioia dei circa 80mila presenti e per la rabbia di 46 residenti che hanno deposto regolare denuncia. Che è stata recapitata nei giorni scorsi a Trotta, con risvolti francamente esagerati: la denuncia penale infatti può portare anche al carcere.
È da anni che chi vive in prossimità di San Siro si lamenta per i volumi troppo alti nei tanti concerti che in periodo estivo vi prendono luogo. Questa volta forse si è esagerato nelle lamentele, ma il gran vociare che si gente in giro a proposito degli sviluppi del caso («Vergogna, compratevi la casa da un’altra parte», «Che brutta pubblicità per una città che si appresta a ospitare l’Expo», «La musica dal vivo se ne andrà via da Milano che non la merita») al solito non tiene conto di tutti i fattori in gioco, ma solo di una parte di essi, dando via libera al manicheismo di parte che sempre accompagna certe polemiche.
Ci si dimentica infatti di un particolare non da poco conto: uno stadio non è un luogo per la musica, è stato costruito per altri motivi. Tutta la solidarietà al signor Trotta naturalmente, ma diciamocelo: a parte che la qualità della musica che dentro San Siro è pessima (e viene da chiedersi che grado di nebbia abbia ormai ottenebrato il cervello di chi gode a sborsare un sacco di soldi per andare a sentire un concerto in uno stadio dove si vede e si sente malissimo e dichiararsi poi anche contenti e pronti a rifarlo), è innegabile che chi viva nelle sue vicinanze abbia anche dei diritti. Senza arrivare al penale, ovviamente. 
I concerti allo stadio ormai sono diventati il must che ogni musicista deve avere nel curriculum per poter dire di essere un grande. Come nel caso di certi musicisti italiani che regalano i biglietti per riempire lo stadio e far vedere che sono diventati delle star, come Springsteen, appunto.
Ci si dimentica poi che in Italia non si è mai investito in luoghi per la musica, e qualche colpa ce l’hanno anche le agenzie e i promoter che si occupano di essa. In America, il leggendario Bill Graham, che contribuì negli anni Sessanta a lanciare la scena di San Francisco, cominciò proprio in quegli anni ad aprire locali deputati alla musica, come i “Fillmore” di San Francisco e quello di New York, arrivando negli anni Ottanta a inaugurare spettacolari strutture fuori dalle zone residenziali e con acustica e visione favolose, ad esempio lo “Shoreline Amphitheatre”. In Italia si aspetta sempre l’intervento dello Stato, perché è più comodo e si evita il rischio di investire di tasca propria. Strutture come il DatchForum di Assago, pensate per il basket e non per la musica, ma usate da decenni per centinaia di concerti rock all’anno (e dunque con acustica pessima), ancora oggi hanno un’area parcheggi disastrata e con pochissime vie di uscita. Senza contare che diventa impraticabile quando piove e non ha un adeguato servizio di mezzi che permetta di recarsi nell’area senza usare la macchina.
Viene da pensare che le migliori strutture per i concerti rock siano ancora quelle costruite duemila anni fa come l’Arena di Verona: hanno una visuale formidabile e un’acustica strepitosa. È proprio vero che un tempo si costruiva pensando luoghi dove il bello potesse avere un luogo adeguato. Oggi, tutti ammassati dentro a palazzetti o stadi, perché quello che importa è dire «io c’ero», e non «ho apprezzato la bellezza della musica».



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