Certe musiche fanno compagnia, come un amico intimo. Nascosti nelle sue frasi, ci sono sentimenti che affiorano nel momento giusto, quando il cuore ferito, o traboccante di gioia, o cosciente con nuova intensità della finitezza delle cose, è pronto ad ascoltare.
Succede allora che quel cuore viene liberato dalla coltre di cenere che inevitabilmente si accumula nel tempo.
L’interpretazione di Mario Brunello delle Suites per violoncello di Bach, che a buon diritto viene acclamata internazionalmente, è tra queste musiche. Si comincia dal calore del suo strumento, un magnifico Maggini del 1600, a cui si aggiunge l’aria fresca delle sue amate Dolomiti (dove suona nell’innovativo festival di musica ad alta quota, “Suoni delle Dolomiti” sin dalla sua prima edizione).
Poi c’è la ricerca incessante di nuova profondità e trasversalità, nuovi collegamenti: non per niente Brunello collabora con jazzisti e attori, letterati e teatranti, filosofi e poeti.
Infine, c’è l’equilibrio italiano, che amalgama gli elementi in unità: né “filologica” né “romantica”, questa è innanzitutto musica.
All’Accademia Santa Cecilia di Roma, di cui è il più giovane Accademico, Brunello sta offrendo il ciclo integrale delle Suites in due concerti. Il primo si è tenuto la sera del 14 novembre al Parco della Musica, la seconda sarà domani (5 dicembre),  e completerà il ciclo con le Suites 2, 4, e 6, intervallate con tre sonate di Vivaldi.



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