Di questi tempi si sente spesso parlare di pirateria e di conseguenza di violazione del diritto d’autore.

Ma cos’è il diritto d’autore esattamente?

L’autore di un’opera (definita dalla legge quale «particolare espressione del lavoro intellettuale») è il “proprietario” della propria composizione ed è il detentore esclusivo (insieme con eventuali coautori) di vari diritti di utilizzazione economica, quali il diritto di riproduzione e di trascrizione, il diritto di esecuzione, rappresentazione o recitazione in pubblico, del diritto di distribuzione, il diritto di elaborazione, di traduzione e di pubblicazione delle opere in raccolta, il diritto di noleggio e di dare in prestito, il diritto di modificazione del brano.
Di conseguenza è illegale la riproduzione di una composizione senza l’autorizzazione degli autori. Perciò, ogni volta che una canzone viene trasmessa per radio, suonata dal vivo o fissata su un supporto fisico o digitale (per esempio un CD o un mp3) deve essere pagata una royalty agli autori. (Normalmente tramite la SIAE – Società Italiana Autori ed Editori). I diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte.
Accanto a questo, c’è un altro copyright di cui spesso si tralascia l’importanza, ed è legato non alla composizione in sé, ma alla registrazione di tale composizione (master rights), la cui proprietà è detenuta dal “produttore di fonogrammi”, cioè l’etichetta discografica o, più in generale, chi ha pagato per tale registrazione. (La definizione legale di produttore di fonogrammi è «chi provvede alla fabbricazione del disco originale o dell’apparecchio originale analogo riproduttore di suoni o voci, mediante la diretta registrazione di suoni e delle voci»). Pertanto all’etichetta viene garantito un diritto esclusivo, fatti salvi ovviamente i diritti spettanti all’autore/autori dell’opera, di riprodurre e di porre in commercio il disco fonografico e un diritto di esigere un compenso per l’utilizzazione a scopo di lucro a mezzo della radiodiffusione, la cinematografia, della televisione o nei pubblici esercizi.
Questo diritto in Europa dura 50 anni dalla data della sua prima pubblicazione. Attualmente il Commissario Europeo al Mercato Interno Charlie McCreevy sta lavorando a una direttiva per estendere il diritto esclusivo a 95 anni, come avviene in America.



Cosa significa questa estensione del copyright?

Attualmente, un brano inciso e pubblicato nel 1957 può essere ristampato senza compenso alcuno né per l’etichetta originale né per gli artisti e i musicisti che hanno partecipato all’incisione. Se venisse approvata l’estensione, sia all’etichetta originale che ai musicisti e agli artisti spetterebbero invece delle royalty.
Infatti l’unione dei musicisti inglesi (Musicians Union) sostiene che l’estensione del copyright fornirebbe una sorta di pensione per i musicisti, dato che garantirebbe loro royalty per tutta la vita (tranne nel caso di un bambino prodigio che suona in un disco a 5 anni e ne campa 101!)
Sembrerebbe quindi un’ottima cosa.
Se non che, come fa presente l’autorevole rivista musicale inglese MusicWeek, i sette ottavi degli artisti sono unrecouped, vale a dire non hanno recuperato il loro anticipo iniziale nè i costi di registrazione o promozione connessi alla registrazione, per cui non verrebbero pagati neppure se l’estensione venisse approvata. Inoltre molti contratti artistici non prevedono pagamenti per dischi venduti a meno della metà del PPD (published price to the dealer = prezzo di listino) e, a 50 anni di distanza, probabilmente la maggioranza di questi dischi sono venduti a prezzi bassissimi.
Avete in mente le compilation di blues o jazz che trovate a 10 euro o meno? Ebbene, se passasse l’estensione del copyright, è molto probabile che a nessuno degli artisti presenti venga pagato un centesimo. E nemmeno verrà pagato in futuro,
Per evitare questa indecenza era stata inserita nella proposta di estensione del copyright la cosiddetta clausola “clean slate”, che cancellava dal 50esimo anno il debito di un artista nei confronti della propria etichetta. Purtroppo pare che questa clausola sia stata eliminata. Le etichette si erano erette a difensori dei diritti dei poveri musicisti anziani per suscitare la simpatia dei vari sindacati e associazioni, che infatti hanno fatto pressioni sui rispettivi governi per far approvare l’estensione, Ma a questo punto, pare proprio che  siano le etichette le uniche che finiranno per ricevere beneficio da tale estensione.



(Peter DeBrando Chiesa)

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