«Tutti i giorni che passano nella mestizia/ Dio li compirà alfine in gaudio». La Quarta Sinfonia (1885) del grande compositore Johannes Brahms potrebbe riportare in epigrafe proprio la frase di apertura dell’ultimo movimento della Cantata BWV 150 di J.S. Bach, composizione da cui è tratto (con lievi varianti) il tema della monumentale passacaglia che costituisce l’ultimo movimento del monumento sinfonico brahmsiano.
La parentela con la devota opera bachiana è tratto assai singolare che rispecchia bene la dicotomia presente nell’animo del grande sinfonista amburghese, agnostico dichiarato e nel contempo assiduo lettore della Scrittura (Brahms leggeva una pagina biblica ogni giorno).
Il dualismo tra tensione lirica e rigore strutturale (come a dire tra slancio del cuore e freno di una ragione illuministicamente intesa) è una caratteristica che, permeando fin dagli esordi la produzione del musicista, si ritrova in forma assolutamente onnipervasiva nell’estremo approdo sinfonico del compositore.



Primo movimento (Alllegro non troppo)

Il primo movimento (Allegro non troppo) si apre infatti con uno struggente tema (es. 1), intensamente cantabile e malinconico, che espone il materiale musicale (una sequenza di note discendenti per intervallo di terza [es. 2]) su cui si basa l’intero movimento e, in maniera più sottile, l’intera Sinfonia.



Es. 1:

Es. 2:
                
L’atmosfera è quella di una dolente nostalgia il cui oggetto appare per certi versi inafferrabile, una specie di inesausto sospiro che non riesce a trovare la pace. La seconda idea tematica, un’intensa melodia affidata agli strumenti gravi contrappuntata da una linea intensamente ritmica, cerca di dare continuità a quello smarrimento riuscendo però solo a far risultare ancora più bruciante la misteriosa assenza denunciata dal malinconico esordio. L’intero movimento è giocato sull’alternanza di questi due elementi e sul tentativo di riportare la domanda ad una misura che sia alla portata dell’interrogante (sporadicamente delle fanfare dei fiati sembrano segnalare una misteriosa apertura verso una imprevedibile risposta) ma il finale, con la sua ansiosa concitazione, ci segnala l’impotenza dello sforzo messo in atto dal compositore.



Secondo movimento (Andante moderato)

Il secondo movimento (Andante moderato) sembra tratteggiare un’oasi di serenità nel corrusco panorama della composizione. Il sereno tema esposto dai corni e quindi ripreso dai legni e dagli archi si rivela però frutto di uno sforzo di rimozione della domanda precedentemente formulata quando, nel gioco delle trasformazioni tematiche, il compositore lo presenta in forma intensamente drammatica (la dinamica è forte) accompagnato da un tormentato disegno degli archi e da possenti fanfare dei legni.
L’urgenza della questione non ammette sconti o fughe, evidentemente la posta in gioco investe l’intera esistenza umana.

Terzo movimento (Allegro giocoso)

Il terzo movimento (Allegro giocoso) sembra cercare un’altra possibile via di fuga dalla bruciante situazione di partenza attraverso un possente vitalismo che spazzi via ogni inquietudine, grazie a una spensierata (e apparente) noncuranza di ogni problema. Nel vortice della pagina si insinua però, con gesto tanto eloquente quanto inatteso, un duplice elemento che indica la profonda ed ineliminabile parentela tra le questioni toccate qui e le domande fondamentali poste dal primo movimento.
Da un lato infatti frequentemente assistiamo all’esplosione di una figura di fanfara (come nel primo ed in parte nel secondo movimento), preludio di una misteriosa festa che si incunea improvvisa nei diversi contesti, e dall’altro assistiamo alla riproposizione pressoché testuale dell’elemento generatore dell’intera Sinfonia (cfr. Es 2) esposto dai legni in diverse occasioni. Nemmeno l’incessante e nervoso incedere della pagina riesce dunque a cancellare la profondità delle questioni affrontate: la domanda necessita di una risposta adeguata, eliminarla è impossibile.

Quarto movimento (Allegro energico e passionato)

Il definitivo approccio al problema è rappresentato dal quarto e ultimo movimento (Allegro energico e passionato): una monumentale Passacaglia costituita da trentacinque mirabili variazioni su un tema di otto misure ricavato, come già detto in apertura, dal basso dell’ultimo movimento della cantata BWV 150 di Bach.
L’incipit del testo della composizione bachiana («Tutti i giorni che passano nella mestizia/ Dio li compirà alfine in gaudio») rappresentano un’affermazione profetica di cui l’intero quarto tempo (e, in definitiva, l’intera composizione) è una magistrale illustrazione musicale. Le variazioni sul possente tema di apertura esposto dall’intera sezione dei fiati con l’aggiunta dei timpani, definitiva versione di quella fanfara che tante volte abbiamo incontrato, si configurano come una caleidoscopica esplorazione del cuore umano e dei suoi più sottili movimenti, dal furore alla dolcezza, dalla tenerezza all’angoscia, dalla fierezza alla rassegnazione.
Tutto ciò che è umano viene qui mostrato senza reticenze, grazie a un terreno solido (il tema che viene trasfigurato in ogni variazione) su cui finalmente si può poggiare. In una delle ultime variazioni ricompare (citato testualmente) il tema portante dell’intera composizione (cfr. es. 2), estrema testimonianza di un atteggiamento di apertura assoluta (vorremmo quasi dire di abbraccio totale) che è la cifra dell’intero movimento.
Segue, inattesa e potentissima, la riproposizione drammatizzata del tema della Passacaglia che apre l’ultima sezione del movimento, drammatica investigazione sull’ “impossibile” risposta ad una domanda che non ammette sconti. La folle corsa che porta ai due poderosi accordi finali sembra denunciare lo scacco definitivo del compositore ma, a uno sguardo più attento, essa rappresenta l’unico atteggiamento possibile per chi sia consapevole della sua irriducibile umanità: la ripetizione incessante della domanda, il grido inesausto di chi spera che la risposta, imprevista ed imprevedibile, arrivi.
Allora davvero può spuntare l’aurora di quella speranza per cui la quotidiana fatica venga compiuta dal Mistero e trasformata alfine “in gaudio”.