Walter Gatti, giornalista musicale e grande appassionato di rock, presenta al Meeting di Rimini il suo nuovo libro, dal titolo: “Help! Il grido del rock”. Un approccio coraggioso verso un genere discusso e una propria grande passione con cui fare i conti. Proviamo a capirne di più assieme all’autore.
Com’è nata l’idea di scrivere questo libro-antologia sul Rock e con chi è stato portato avanti il progetto?
L’idea è in un certo senso “antica”: partecipando a incontri e dialoghi con studenti e insegnanti mi son chiesto in questi anni se non valesse la pena di scrivere un libro per fotografare la capacità di certo rock di fare i conti con l’uomo e il suo desiderio di felicità e di pienezza. L’idea è rimasta nel cassetto anche perché ci voleva un editore che credesse nel progetto e poi perché avevo l’obiettivo di creare un gruppo di lavoro con alcuni esperti che con me condividessero l’ipotesi iniziale. Una volta trovato l’editore, Itaca, e creato il gruppo di lavoro con Riro Maniscalco, Stefano Rizza e Paolo Vites, la cosa è andata in porto. A questi si sono poi aggiunti anche
Onestamente è un libro “trasversale” perché è pensato sia per chi ama il rock, sia per chi non lo conosce, sia per i giovani, sia per chi non lo è più. Abbiamo cercato di rivolgerci sia a chi ama Dylan, i Beatles, i Pink Floyd, sia a chi impazzisce per i Green Day. Direi che alla fine Help! può essere una buona guida per tutti, anche per chi non distingue Jimi Hendrix da Raul Casadei.
Sicuramente i generi a cui sono più legato sono il blues e il cosiddetto “southern rock”, il rock del sud degli Stati Uniti. Entrambi i generi sono espressione di una certa visione umana, un misto di ricerca di pace e di racconto della sofferenza umana. Dopodiché ho avuto alcuni shock “emotivi” durante la mia vita, soprattutto dalle parti dei miei quattordici anni: nulla mi ha emozionato di più di quando ho sentito alla radio Piece of my heart di Janis Joplin, o la prima volta che ho ascoltato Freebird dei Lynyrd Skynyrd. Ma tante altre canzoni sono state per me fondamentali, come The long and winding road dei Beatles, Foolish man di David Crosby, One too many morning di Bob Dylan, che canta di quella “sensazione affamata e senza riposo” che è poi il desiderio dentro la vita. Il disco che invece mi ha aperto una certa ricerca di profondità musicale forse è stato Four way street di Crosby, Stills, Nash and Young: da quel momento ho deciso che oltre ad ascoltare volevo capire cosa avevano da dire tutte quelle canzoni.
Beh ho avuto modo di intervistarne alcuni: Roger Waters e David Gilmour dei Pink Floyd, i Genesis, B.B.King, gli Eagles, Eric Clapton, Brian May il chitarrista dei Queen, Leonard Cohen, Dave Mattews, tanto per dirne alcuni di cui ho bei ricordi. Ci metto anche il breve dialogo che ho avuto anni fa con Van Morrison, dopo un concerto al Teatro Toniolo di Mestre: troppo breve per un’intervista, ma comunque molto interessante. Non credo di avere domande nel cassetto, in compenso ho due interviste che non ho potuto mai fare: a Janis Joplin e al chitarrista texano Stevie Ray Vaughan.
Direi che raccontano in ogni caso con sincerità un “dato umano”. Abbiamo scelto canzoni da cui traspare una certa ricerca umana. In certi casi ci siamo trovati a “massacrare” canzoni o autori, mentre in altri casi abbiamo fatto un opera umanitaria portando a galla il bello di canzoni minori o dimenticate…
Non sarà una novità, ma l’umanità descritta in Imagine da John Lennon o in Utopia di Alanis Morissette, oppure anche in Pastime paradise di Stevie Wonder è decisamente perdente nel suo rapporto con la realtà: molto meglio l’umanissima disillusione di Neil Young che in Ambulance blues butta a mare tutte le utopie dell’epoca di Woodstock e della California del flower power. E poi ci sono molte cose dimenticate o non conosciute, come l’incipit di Post War Dreams dei Pink Floyd, che dice «Dimmi la verità, dimmi perché Gesù fu crocifisso», oppure l’attimo di luce che Freddie Mercury accende in Who wants to live forever, oppure ancora la domanda che l’Altro venga in Come as you are dei Nirvana di Kurt Cobain. Ecco, direi che l’Altro, la realtà, l’amore, il Mistero sono i veri punti cardinali del libro.
Il rischio c’è sempre, ma abbiamo cercato di rimanere fedeli ai testi, anche contro le intenzioni dell’autore. Mi spiego: a volte le canzoni dicono di più di quel che l’autore vuole dire. Abbiamo provato a “scavare oltre”, come nel caso di certe canzoni di Leonard Cohen, di Lou Reed, di Robbie Robertson, di Bob Dylan, degli U2. E abbiamo anche provato a creare interconnessioni tra sistemi comunicativi diversi, tra canzoni, cinema, poesia, letteratura: per questo in HELP! si trovano collegamenti tra canzoni e citazioni di Clemente Rebora, William Congdon, Graham Greene, Joseph Roth, Stanley Kubrick. E – in certi casi e con un certo pudore – anche di don Luigi Giussani.
Abbiamo fatto delle scelte non solo sulla base del peso specifico di certe canzoni, ma anche privilegiando il gusto personale degli autori. Alcune canzoni sono rimaste fuori, forse anche con una certa “fatica”: penso a Smells like teen spirits dei Nirvana oppure a Paranoid dei Black Sabbath o Muscle museum dei Muse. Il libro comunque non vuol essere una raccolta realizzata con dovere enciclopedico, bensì un’antologia ragionata e decisamente “di parte”.
È un genere musicale che è ha vissuto suo malgrado l’esperienza di diventare un sistema di comunicazione e in quanto tale è divenuto veicolo di simboli, valori, comportamenti e spesso strumento di demagogia, di “pseudo liberazione”, in certi casi anche di omologazione e controllo culturale, fino a diventare – come ha detto nel 1986 l’allora cardinal Ratzinger – un “autentico controculto”. Per qualcuno è arte, per qualcun altro spazzatura. Per qualcuno è morto, per altri non morirà mai, per altri ancora è un paziente in stato comatoso incapace di dire qualcosa di nuovo. Per me rimane un genere musicale ricchissimo che alterna autentiche schifezze a momenti di poesia emozionanti. Un genere musicale che in certi casi ha saputo raccontare l’essere umano, i suoi desideri, le sue rabbie, le sue speranze, il suo anelito totale, come nessun altra forma artistica del Novecento, cinema compreso.
Ci sembrava giusto separare la musica straniera da quella italiana per non penalizzare due mondi musicali. Mettendo insieme le cose avremmo dovuto pubblicare un libro di seicento pagine. Invece in questo modo abbiamo già messo in cantiere – e su questo stiamo dialogando con l’editore Itaca – il prossimo libro della collana “Educare con la musica”, a cui appartiene anche HELP! e che sarà dedicato alla canzone italiana.
Bella domanda: ormai quasi nessuno compra più i dischi, visto che è quasi tutto scaricabile da web, quindi spero che HELP! possa essere una guida ad ascoltare meglio tutte le canzoni che uno ha già ascoltato e ascolterà nel futuro. E in ogni caso se qualcuno si prendesse la briga di farsi un elenco MP3 di tutte le canzoni che abbiamo inserito nel libro, avrebbe un bel compendio-rock da ascoltare nei prossimi anni…