«Uno dei più piacevoli ricordi da ragazzino cresciuto a New Orleans era questo: un gruppetto di noi mentre giocavamo sentiva improvvisamente dei suoni. Era quasi un fenomeno naturale […] ma non riuscivamo a capire da dove venissero. Allora cominciavamo a correre, a scappare “È di qua!”; “È di là!” […] La città era piena dei suoni della musica.».
(Danny Barker)
Louis Armstrong nasce a New Orleans in questo “mondo di suoni” il 4 agosto 1904, la città che per tradizione ha dato anche i natali al jazz. La parabola della sua vita è quella dalla miseria dei sobborghi di New Orleans, alla fama universale.
Cosa ha permesso ad Armstrong di essere “la voce” per antonomasia del jazz? Tutti conoscono alcune delle sue canzoni più famose come What a Wonderful World, e il suo incredibile timbro vocale, ma non tutti sanno che Armstrong è stato una figura chiave della affermazione e nascita del jazz nei primi anni Venti e che ha dato un contributo incommensurabile alla musica del secolo passato.
Trombettista, cantante, attore, animale da palco, vantava conoscenze ed amicizie in tutto il mondo (addirittura con Paolo VI!), ha traghettato il jazz dal mondo del rag-time, delle orchestre di Dixieland, allo status del jazz “moderno” essendo stato il primo grande improvvisatore solista. Nella sua musica inoltre è sempre stato profondamente presente il legame con il suo popolo, con i neri afroamericani del sud degli Stati Uniti, quegli stessi che avevano inventato gli Spirituals e i Gospel e che con la loro esperienza e fede hanno dato vita ad un mondo musicale che ancora oggi ci affascina e ci descrive.
«Se non credi in Dio non potrai mai capire veramente il Jazz» aveva detto in un’intervista Armstrong. Non era certo un devoto, ma con questa frase aveva espresso bene la consapevolezza di essere stato figlio della grande tradizione delle chiese Battiste del Sud ricche di un’esperienza religiosa fatta di canti, di balli, di partecipazione estatica.
Egli ha sempre concepito la sua arte con un compito grande: quello di comunicare al suo pubblico e ai suoi appassionati la bellezza della vita, ma con la tipica nota di nostalgia del mondo nero del blues.
Per questo l’associazione Jazz Friends ha voluto aprire il ciclo di cinque incontri legato alla poetica di alcuni protagonisti del jazz del passato e del presente, presso lo spazio Muisland al Meeting di Rimni, con un incontro su Satchmo (il suo famoso soprannome, ovvero la contrazione in slang di una parola che significa “grandi labbra”) che commistiona musiche dal vivo, filmati originali e ascolti di alcuni brani significativi per introdurre, chi ancora non conoscesse, o chi già fosse un appassionato, nell’esperienza artistica e umana di uno dei più grandi protagonisti del secolo passato.
(Michael Alberga)