In tempi di concerti di Natale e Capodanno, vale la pena di raccontare l’esperienza oramai decennale di uno degli eventi musicali più esclusivi dell’anno.
Il panettiere Cusolito che ogni anno, alle sei del pomeriggio di Ferragosto, consegna due teglie di focaccia al rosmarino da servire come aperitivo insieme a un buon prosecco di Valdobbiadene, una volta si è fermato per curiosare cosa fanno gli ospiti che si arrampicano sino a Casa Lamanta.
Ai compaesani intrigati per questa “festa” di cui da sempre si favoleggia sull’isola, ha raccontato cose da non credere: tutti se ne stavano in silenzio a guardare il sole che scendeva in mare, ascoltando per due ore delle musiche commentate dal padrone di casa.
A parte il Capo dello Stato, che ha sempre partecipato con la moglie Clio, tra gli invitati non c’era traccia di vip neofiti di Stromboli come la scrittrice ex-famosa in cerca di rilancio, o la coppia di stilisti gay già annoiati per l’assenza di movida, o l’ex-faccendiere arrivato direttamente dalle notti brave di Capri. Più che una festa sembrava il rito di una strana setta.
Il giovane Cusolito non è andato molto lontano dal vero. I circa ottanta ospiti, da anni sempre gli stessi, hanno finito per costituire una sorta di club degli adoratori del bello, sotto qualsiasi forma si presenti. Tutte persone innamorate da 40 anni e più di quest’isola vulcanica al punto di acquistarsi una casa o affittare sempre la stessa da decenni. Attirate da quello che Francesco Longo ha così ben descritto nel suo libro “Il Mare di pietra”: «Le Eolie sono ideali per scoprire che dentro al mondo c’è uno stranissimo cuore che batte. Sono ideali per scoprire che solo sistemandosi lì dove batte il cuore ci si può sentire , finalmente, a casa».
Casa Lamanta si chiama così perchè apparteneva all’ultima discendente di una colonia di abitanti di Amantea tasferitisi a Stromboli nell’Ottocento. La vecchia, considerata assai originale perchè viveva da sola lassù, veniva chiamata “l’Amanta”. Per via della crasi tipica del luogo (l’Ape, il principale mezzo di trasporto locale, a Stromboli si chiama “la Lapa”…) divenne semplicemente Lamanta.
Dopo decenni di fidanzamento con l’isola, mia moglie e io siamo passati a un rapporto più stabile (anche se un po’ folle, per dei milanesi) acquistando quella vecchia casetta abbarbicata sulle pendici del vulcano, sepolta tra lecci e ulivi, con una vista mozzafiato sul mare e su Strombolicchio. In anni di paziente restauro abbiamo recuperato i vecchi terrazzi e i pergolati, ripristinato i muretti a secco, riforestato la zona piantando, al posto degli infestanti roveti, centinaia di lecci, ulivi, corbezzoli, carrubi, iris, melograni, giuggioli, mirti, gelsomini, bouganvillee, yucche, cedri, stefanotis, limoni, fichi d’india. Ora è un paradiso terrestre cui si accede solo a piedi per uno scosceso sentiero: un posto ideale per stare “lontani dalla pazza folla” e per tenere a distanza gli ospiti indesiderati, soprattutto quelli che non fanno un metro senza un motore sotto il sedere, nemmeno a Stromboli. Continua nelle pagine seguenti…
Il rito del concerto al tramonto è nato e si è consolidato poco per volta. Insieme alle prime suppellettili era arrivato anche un impianto Hi-Fi, e verso sera era soliti salire un po’ di amici a godere delle note di Garbarek, Haendel, Hilliard Ensemble, Bach, Mozart, ma anche Oryema, Springsteen, Gabriel, Clannad: l’effetto di quella musica tra gli alberi era misterioso e affascinante. Terminato l’ascolto, con chi rimaneva “in montagna” si improvvisava poi una spaghettata. Ma quando ci si accorse che quelli che rimanevano cominciavano a essere troppi per stare intorno a un tavolo, la formula del rito mutò, prendendo quella attuale: durante l’anno mi annoto le musiche che mi colpiscono, e valuto anche i suggerimenti degli amici.
Poco prima di partire per l’isola preparo una selezione definitiva, attingendo a tutti i generi, ogni volta attinente a un tema: c’è stato quello dell’isola e del viaggio, quello dello stupore di fronte al creato, quello della malinconìa per il bello che scompare dalla nostra vita quotidiana, ma anche quello più legato alla presenza nel mondo di determinati strumenti – come ad esempio la fisarmonica – o quello delle tracce musicali lasciate dai vichinghi nei loro viaggi per l’orbe terraqueo.
L’incontro si è ulteriormente arricchito da quando Paolo Ferrari, diventato nostro vicino, si è cordialmente prestato a leggere testi o liriche legati al tema.
Il biglietto d’ingresso di questo vero e proprio spettacolo consiste in un piatto rigorosamente cucinato in casa dagli ospiti e offerto alla comunità. Sicché, terminato il momento culturale di musica e parola, si passa a una sorta di festival della cucina italiana, visto che gli amici provengono un po’ da tutte le regioni: un evento altrettanto culturale, con grande scambio di antiche e spesso segrete ricette tramandate di madre in figlia.
Una volta, tra gli ospiti salì Michele Mirabella, anche lui stregato dall’isola e affascinato dall’insolito evento. Dopo aver goduto come tutti del lento piano-sequenza del sole che scompariva dietro il promontorio coperto di ulivi e euforbie, per riapparire semiaffogato nel mare color dell’indaco, mentre in un cielo pervinca alcune nuvole rosa a forma di caravella navigavano verso l’orizzonte, se ne uscì con questa osservazione sull’insolita setta: «Adesso capisco cosa fate: ascoltate gli echi della musica nella vostra mente, amplificati da uno scenario che già di per sé lascia senza fiato, e poi nel segreto del vostro cuore, con i ricordi risvegliati dalle note, ciascuno di voi si fa il proprio film». Continua nelle pagine seguenti…
È vero al punto che molti hanno cominciato a chiedere la compilation, per poter rivivere durante l’anno almeno un poco di quel magico momento.
Un caro amico – era sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene -, scomparso dopo aver combattuto per anni contro una grave malattia, mi raccontava di portarsi sempre con sè tutte le raccolte, unico viatico in grado di distrarlo durante la convalescenza delle molteplici operazioni… per poter rivivere nella mente il film del concerto al tramonto sull’isola del suo “buen retiro”. Diventa allora comprensibile lo stupore del giovane Cusolito, che al pari dei famosi stilisti (che hanno evidentemente sbagliato isola!) sogna il Billionaire con il suo contorno di musica assordante e starlette vocianti. Scrive giustamente Francesco Longo: «Stromboli non è luogo per chioschi e fanciulle con collane di fiori al collo».
Ora è chiaro che non esiste alcuna linea di demarcazione tra l’indigeno avido di affari che vorrebbe trasformare il lungomare di Ficogrande in una succursale di Riccione e il vip che vorrebbe trapiantare sul vulcano un pezzo di Cap d’Antibes. Mentre un abisso li separa da quei matti che hanno investito i loro risparmi per restaurare dei ruderi secondo i dettami dell’antica architettura eoliana così da rispettare il paesaggio e il “genus loci” che qui ha sempre lavorato alacremente, e anche da un Presidente della Repubblica che arriva con la motonave di linea, un po’ per godersi l’approdo all’alba e un po’ per sollecitare i responsabili dei collegamenti a non abbandonare, come si sta facendo, uno dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco.
Quest’anno gli amici si sono ritrovati sulle terrazze di casa Lamanta per riflettere sul tema dell’incontro tra le culture: la compilation ha dimostrato che con la consapevolezza delle proprie radici, l’apertura alle più diverse contaminazioni musicali ha sempre costituito una ricchezza enorme. Con buona pace di chi nega il valore di una società multietnica. A partire dalle influenze dello stile znamennij sui Vespri di Rachmaninoff, dalla diffusione nel mondo della tradizione musicale sefardita, dalle trasformazioni dei canti di lavoro del 1600 in gospel e poi in jazz, il viaggio musicale è proseguito costeggiando le tradizioni askhenazite, quelle persiane, quelle magrebine di Nour-Eddine e le modernissime contaminazioni dei Bustan Abraham, gruppo formato da arabi e israeliani. Continua nelle pagine seguenti…
Non sono mancate le incursioni nel pop e nel rock, con indimenticabili brani di Annie Lennox e dei Blood, Sweat Tears. Commovente l’ascolto, quando era già buio, di un sorprendente duetto tra la tromba di Paolo Fresu e il piano di Uri Caine. Assai rare le esecuzioni per glassharmonica, cristallofono inventato da Beniamino Franklin, quelle per soli fiati dei Vespri di S. Luca di Ludovico da Viadana, quella per violoncello e contrabbasso di Rossini.
Posto d’onore al Bach di Glenn Gould, da sempre oggetto di appassionate conversazioni con il Presidente, anche lui impressionato della lettura del bel libro di Katie Hafner: “Glenn Gould e la ricerca del pianoforte perfetto”.
Oramai nel buio illuminato dalla fioca luce delle lampade a petrolio, le note del preludio n. 1 in do maggiore di Bach, suonate da Gould sul mitico Steinway marcato CD 318, disegnavano nell’aria un’architettura di pura perfezione in assoluta sintonìa con il lieve fruscio delle foglie accarezzate dalla brezza della sera. Per un momento, tutti hanno certamente desiderato che il tempo si fermasse. Di lì a poco, finita la magìa, ognuno sarebbe tornato ai suoi doveri: il muratore a fare il muratore, il Presidente a fare il Presidente, l’insegnante a fare l’insegnante.
Ognuno con un ricordo in più, e il forte desiderio di tornare di nuovo a Stromboli, anche per il prossimo rito del concerto al tramonto.
I brani del Concerto sotto il Vulcano 2009: S. Rachmaninov: Concerto Sacro; Bruce Springsteen: The Wrestler; Fortuna: Adon Ha Slichot; Nour-Eddine: Allah Hay; Mina: Amaro è ‘o Bene; Motion Trio: Aide Jano; BJG: Go Tell It on the Mountain; G. Rossini: Concerto per Violoncello e Contrabbasso; Bustan Abraham: Naa’ma; Joe Cocker: Girl from the North Country; Andhira: Il Re fa Rullare i Tamburi; L. Viadana: Vespri di San Luca; Mishmash: Papirossn; Bela Fleck and the Flecktones: Stomping Grounds; J. S. Bach: BWV 870 Preludio n.1 in Do Maggiore; Annie Lennox: Dark Road; D. A. von Appel: Trionfo della Musica; Blood, Sweat & Tears: Hi-De-Ho; Paolo Fresu & Uri Caine: Lascia Ch’Io Pianga; BJG: Will You Love Me Tomorrow.