Canzoni come «Madame George e Cyprus Avenue prendono il dolore che c’era in T.B. Sheets e ci radicano dentro il mondo. Perché il dolore di assistere alla morte di una persona amata (…) può anche essere una cosa terribile, ma almeno è un fatto noto, comprensibile, in un certo qual modo misurabile (…). Ma la bellezza dell’orrore di Madame George e Cyprus Avenue sta proprio nel fatto che qui non si parla di gente che muore: guardiamo la vita nel suo fulgore e ciò di cui soffre quella gente non è una malattia. A meno che la natura non sia una malattia». Così scriveva il leggendario critico musicale Lester Bangs, scomparso nel 1982, un autentico “scrittore in musica” più che un critico, a proposito di “Astral Weeks”, disco di Van Morrison pubblicato alla fine del 1968.
Parlare di dolore, morte, vita e natura dell’uomo è cosa rara, quando si parla di canzone rock. Inevitabile, quando si parla delle canzoni di “Astral Weeks” appunto, anche se non molti l’hanno fatto come fece Lester Bangs. Primo vero disco solista del cantante irlandese dopo l’avventura con il gruppo dei Them, coni quali aveva colto il grande successo con Gloria, da lui scritta, destinata a diventare uno dei massimi capisaldi della storia del rock (incisa o eseguita dal vivo un po’ da tutti, basti pensare ai Doors o a Patti Smith), “Astral Weeks” diventò immediatamente un oggetto misterioso, amato dai critici e poco apprezzato dal grande pubblico.
Perché disco difficile. All’epoca il cantante irlandese, appena 23enne, viveva un momento di profonda crisi, uscito fuori dal giro che conta del music biz, immerso in beghe legali, senza soldi ed espatriato per forza di cose dalla sua Irlanda negli Stati Uniti. Con questo disco, inciso in soli due giorni, quasi come un flusso di coscienza alla Yeats, Morrison fece una meditazione coraggiosa sulla vita, la morte, il passaggio dall’adolescenza al diventare uomini, attraverso canzoni che erano autentiche improvvisazioni dal sapore jazz, lunghe cavalcate che edificavano un modo di scrivere la forma canzone del tutto inedito e innovativo.
Canzoni che nascevano direttamente dalla citata T.B. Sheets, brano che Morrison aveva inciso poco prima e che il suo produttore aveva pubblicato senza autorizzazione in un disco, “Blow Your Mind!” e che conteneva anche Brown Eyed Girl, diventata un successo di classifica.
T.B. Sheets narrava di un uomo che si trova davanti la propria fidanzata morente di tubercolosi in un letto d’ospedale e che davanti a tale vista fugge spaventato e addolorato per la sua impotenza nel salvarle la vita: «It ain’t natural», non è una cosa naturale, dice Van Morrison guardando la ragazza nel suo letto d’agonia. È incredibile come questa canzone, scritta più di 40 anni fa, suoni oggi, dopo il caso di Eluana Englaro, incredibilmente attuale. Ma è quello che succede con le grandi canzoni rock.
Con lo stesso spirito, Morrison su “Astral Weeks” narra l’impotenza e il dolore davanti alla vita che è più grande di noi, che sfugge al razionale controllo, che si tinge di mistero: Madame George è il racconto di quando, ragazzini, l’irlandese e i suoi amici prendevano di mira un vecchio travestito di Belfast. C’è il dolore, qua, per non saper accettare con compassione la diversità. Cyprus Avenue, diventata negli anni folgorante cavalcata soul nelle sue esibizioni dal vivo, è invece il ricordo pieno di nostalgico stupore di quando Van Morrison, ragazzetto, si recava ad aspettare che le ragazze uscissero da una prestigiosa scuola privata di Belfast (Cyprus Avenue esiste davvero) e innamorato di una di esse, timoroso e impacciato, non osava rivolgerle la parola, ma si sedeva a guardare lei che andava a casa. L’amore come dato del reale che il cuore dell’uomo non riesce a trattenere. Ma non solo: il disco conteneva altri brani formidabili come The Way Young Lovers Do o l’accorata Ballerina.



“Astral Weeks”, proprio per la sua natura di disco difficile, non sarebbe mai stato portato in tour. 40 anni dopo, nelle serate del 7 e 8 novembre 2008, a Los Angeles, al prestigioso Hollywood Bowl, Van Morrison ha finalmente sentito che era ora di farlo. Ha eseguito tutto “Astral Weeks” dal vivo per la prima volta, e la documentazione di questo straordinario evento è adesso pubblicato su cd, “Astral Weeks Live At Hollywood Bowl”. A breve uscirà anche su dvd. Pochissime le repliche previste all’evento: due concerti a New York a fine mese, altri due alla Royal Albert Hall di Londra ad aprile. L’Italia è esclusa.
Ci consoliamo con il cd, una registrazione straordinaria, tenendo conto della difficoltà di esecuzione per brani così particolari e soprattutto rarissimamente eseguiti in passato e anche tenendo conto che Morrison oggi non ha certo più 23 anni, ma oltre 60. Accompagnato da ottimi musicisti, tra cui il chitarrista originario delle session di allora, Van si lascia trascinare dalla meraviglia e dallo stupore di tali canzoni, abbellendole di improvvisazioni jazz, colorendolo di sapori tipicamente irish, insomma celebrando un periodo particolare della sua vita mai più ripetuto e oggi rivisitato con la saggezza dell’anzianità incipiente.
Non solo un disco: un evento.

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