Chi erano “gli urlatori”?

Gli “urlatori” nascono ufficialmente il 18 maggio 1957 con il primo concerto italiano di rock al Palazzo del ghiaccio di Milano. Sul palco quel giorno salirono Adriano Celentano e i Rock Boys: Giorgio Gaber alla chitarra, Enzo Jannacci al pianoforte e Luigi Tenco al sax. I più importanti furono comunque: “Baby Gate”, poi conosciuta come Mina, “Giorgio Gaberscik”, poi Giorgio Gaber, “Torquato il Molleggiato”, conosciuto in seguito con il vero nome di Adriano Celentano e un giovanissimo Luigi Tenco.
Ricordo una puntata de “Il Musichiere” in cui Luciano Tajoli bendato doveva riconoscere gli urlatori che uscivano da dietro un jukebox: in quel caso Gaber e Mina che cantavano Nessuno. Canzone che, tra l’altro, portata a Sanremo da Wilma De Angelis non ebbe successo, ma una volta passata alla Tigre di Cremona spopolò.
Gorni Kramer all’epoca fece una previsione su Mina, che penso non rifarebbe: «Fra sei mesi nessuno si ricorderà più di lei».



Cosa successe in seguito?

Arrivarono i cantautori: Gino Paoli e Tony Dallara in Un uomo vivo (1961), che ebbe grande successo soprattutto nella versione francese di Dalida. L’anno seguente Modugno vinse con Addio… addio, anche se molti videro come un passo indietro, o addirittura come un tradimento, il fatto di essersi presentato con il re della melodia, Claudio Villa.
Poi il successo de Il mondo (1965) di Jimmi Fontana, anche questa riproposta in francese (Un monde fait pour nous).
Non dimentichiamoci il rock all’italiana con personaggi come Clem Sacco. Stravagante, ex baritono lirico, scrisse brani che all’epoca fecero scalpore come Baciami la vena varicosa, Oh mama voglio l’uovo a la coque, Enea con il neo, Sei come una lucertola. Una delle sue canzoni, Basta, passò nel repertorio di Celentano.
Sanremo per accontentare i diversi gusti iniziò ad alternare brani tradizionali e brani rock, anche se questi ultimi venivano edulcorati con testi abbastanza ridicoli e con i violini, anche se spesso a sproposito.




Il fenomeno “Beatles” aveva già colpito i giovani in Italia?

In realtà il primo beat in Italia è strumentale e prende le sembianze degli Shadows, con la loro famosissima Apache.

Erano popolarissimi, in quegli anni tutti i musicisti dovevano conoscere i loro pezzi.
I Beatles per imporsi in Italia dovranno aspettare la prima tournée del 1965.
Allora comunque il rapporto tra i giovani e la musica era completamente diverso da oggi.


Quali sono le differenze più evidenti?

Oggi a portata di click ci sono intere enciclopedie musicali, in quegli anni per ascoltare alcuni gruppi bisognava aspettare che un amico andasse a Londra o in America.
Per poter ascoltare i Velvet Undergound mi feci comprare il disco da un amico che tornava da New York.
Occorre anche dire che i giovani negli anni Settanta iniziavano a cercare la propria musica in altri contesti, di conseguenza gli ascolti del Festival scesero, soprattutto perché la RAI iniziò a trasmettere in televisione solo la finale.




Quali erano gli altri contesti in cui trovare buona musica?

L’esplosione delle radio libere (1975) in conseguenza del fatto che venne dichiarato incostituzionale il monopolio radiofonico fu un evento abbastanza rivoluzionario.
Una delle più famose, a cui collaborai anch’io, era “Radio Liberty”. Un’altra che passò alla storia fu “Radio Alice”, per la famosa trasmissione interrotta dall’ingresso della polizia durante una manifestazione a Bologna.
Rappresentavano una nuova fonte di musica. Ricordo una trasmissione che si chiamava addirittura “Disco da registrare”, in cui il dj smetteva di parlare. Le case discografiche inizialmente le osteggiarono, poi capirono come usarle.
I testi di alcune canzoni venivano ripuliti per poter passare in radio, mentre l’originale veniva eseguita nei concerti, eventi di aggregazione sempre più importanti e spesso connotati politicamente. Non solo politica certo, emerse anche il cantautorato cattolico, di cui un grande esponente fu Claudio Chieffo.
Sanremo comunque con le sue rigide formule rigide iniziava a essere poco appetibile e lontano da quello che stava succedendo, anche i successi iniziarono a non rimanere più nella memoria.

Da allora in pochi riuscirono dal palco dell’Ariston a lasciare una traccia indelebile?

Esatto, ci sono canzoni che hanno vinto edizioni di Sanremo anche recenti che nessuno ricorda più.
Oggi si partecipa al Festival coscienti di questo, per cui o si “vola basso” alla ricerca del tormentone oppure diventa difficile rimanere nella testa delle persone. Non solo perché la qualità delle canzoni sia scesa, quanto per il contesto che è cambiato profondamente: il Festival non è più l’evento principe della musica italiana, ma un appuntamento sempre più vicino ad “Amici” o a “X-Factor”.

(Carlo Melato)