Irene Papas è una delle più intense attrici del ‘900. Greca, era Penelope nell’Odissea della Rai (anno 1968), con Franco Rossi come regista. Ancora in attività, 83 anni, Irene vive tra la nativa Corinto e il Portogallo. Nel 1982 la Papas – che ha legato la sua attività all’immenso patrimonio di tragedie greche – interpreta l’Elettra al teatro di Epidauro, luogo indimenticabile della Grecia antica, un anfiteatro perfetto incastonato sulle colline dell’Argolide: un successo. Dietro le quinte c’è un musicista. Il suo nome è Evangelos Odysseas Papathanassiou, in arte Vangelis. Famoso come tastierista pop degli Aphrodite’s childs, band che negli anni Sessanta aveva il monumentale Demis Roussos come cantante (i loro successi sono stati It’s five o’clock e Rain and tears), Vangelis ha raggiunto la fama che non tramonta con le colonne sonore di “Momenti di gloria” e “Blade runner”. Vangelis e Irene Papas si conoscono già negli anni Sessanta, ma è per una serie di rappresentazioni ad Epidauro che collaborano, perché il musicista crea le basi sonore di varie tragedie, tra cui l’Elettra di Sofocle. E durante l’estate dell’82 i due iniziano a tessere un insieme di progetti che hanno le tradizioni greche come trama e sostanza.
Nel 1986, dopo anni di dialoghi a distanza, ricerche e ispirazioni, Irene e Vangelis si trovano a Londra, nei Nemo studios del musicista greco. L’obiettivo è diventato chiaro durante gli anni: musicare e cantare una serie di canti liturgici ortodossi. Non canti liturgici in senso lato, ma solo inni pasquali, canti presi dalle celebrazioni del venerdì santo, odi della resurrezione, melodie sacre della Pasqua di Cristo. Irene Papas lavora sui testi e sulla scelta di alcuni momenti importanti della tradizione greca, mentre Vangelis lavora nello studio tra suoni, rumori, melodie sintetizzate, ricreando un suono puro, sacro e spesso enfatico, basandosi su suggerimenti e suggestioni della tradizione bizantina.
Il disco esce nella primavera dell’86 e prende il titolo “Rapsodies” (Polydor). Di che si tratta? Musica contemporanea? Musica “colta”? Partiture elettronico-atmosferiche con aggiunta di voce (a volte recitante)? Preferisco definirlo un capolavoro. Sette brani di cui cinque cantati, più due tracce strumentali, un ellepi (come li chiamavamo allora) di circa quaranta minuti di musica. Nell’incertezza di dire con precisione cosa ci sia di tradizionale e cosa sia stato scritto ex novo da Vangelis (argomento mai chiarito dai due stessi titolari del disco), c’è da raccontare “Rapsodies” nella sua alternanza potente di momenti pieni e maestosi, di compartecipazioni drammatico-carnali (il settimo movimento, tratto dal Cantico dei cantici, Asma asmaton) o di autentica forza liturgica (il “Cristo è risorto”, Christos anesti): «Cristo è risorto, Cristo è risorto dalla morte, ha sconfitto la morte con la sua morte». Su tutte le altre composizioni si alza il compianto di Maria, O mia dolce primavera (O! Gliki mou ear), dolcissimo, sereno e mediterraneo canto nella voce calda della Papas, sottolineato dal classico tastierismo di Vangelis, ritmato dagli stessi timpani elettronici già marchio di fabbrica del soundtrack di “Blade runner”. L’ho già detto: un capolavoro. È rarissimo: vale la pena cercarlo (il cd è stato pubblicato nel 2007 dalla Polygram). Vale la pena trovarlo e ascoltarlo.
Vangelis e Irene Papas – O! Gliki Mou Ear