Ci diamo del tu, Ramin ed io, memori di qualche fugace incontro durante i nostri anni di studio presso il Conservatorio di Milano. Anni fondamentali, ma di passaggio. Poi via: lui verso la Germania e il perfezionamento con Andras Schiff, ungherese naturalizzato britannico; io verso gli Stati Uniti. Ora ci ritroveremo di nuovo a Milano, Martedì 12 Maggio alle ore 21, proprio in Sala Puccini, al Conservatorio, per una serata promossa dal Centro Culturale di Milano all’interno del ciclo “Musica in Cattedra”, con Bach “raccontato e suonato” dall’ormai celebre Ramin Bahrami.



Inizio chiedendogli chi sia Bahrami: a quali radici appartiene e si sente più legato un cosmopolita poliglotta come lui, che sembra scaturire dall’aristocratico mondo in bianco e seppia dei più raffinati romanzi del Novecento storico?

Ritengo di essere veramente un intricato, ma non per questo problematico miscuglio di culture! Iraniano di nascita, anzi persiano… Provengo da una famiglia importante e ramificata: nonno archeologo, primo laureato persiano alla Sorbona; papà tedesco, che per divenire stretto collaboratore diplomatico dello Scià abbandonò l’Inghilterra e con essa un possibile futuro da virtuoso violinista; mamma persiana, russa e turca allo stesso tempo. Capitai in Italia quasi per sbaglio. Durante gli anni terribili della guerra fra Iran e Iraq fui inizialmente invitato dalla Hochschule di Friburgo ma tale opportunità fu scalzata, con insolito tempismo, da una borsa di studio sponsorizzata dall’Italimpianti di Genova. Grazie a questa mi ritrovai a Milano, felice di poter studiare con Piero Rattalino, che considero un genio, un uomo di cultura straordinario capace di uno sguardo sulla realtà per mia fortuna ben più ampio del pianismo, della tastiera e dei problemi tecnici a essa legati.



E questa Italia… ti fece buona impressione?

In Italia sperimentai il fremito di immergermi in un luogo che – nonostante l’attuale scarsa autoconsapevolezza – per centinaia di anni ha coltivato e insegnato al mondo una straordinaria visione culturale e un senso del Bello al quale tutti vennero e vengono ad attingere. Persino Bach imparò tantissimo dall’Italia!

Ecco mi stupisce che tu sia tutto sommato un’eccezione fra i pianisti di oggi per il tuo essere veramente devoto al grande Johann Sebastian…

Ciò accade perché, come proclamava Leonard Bernstein, non si conosce abbastanza Bach! Bach va cioè decifrato.
Per qualche ragione la cultura di oggi si è da tempo arresa, o meglio assuefatta a una perdita di contatto con gli abissi della perfezione e della profondità che Bach rappresenta. Da un lato vedo quindi un problema culturale e di alfabetizzazione; ma per quanto oggettivo questo problema non ci deve distrarre dalla potente comunicativa e immediatezza che la musica di Bach pure possiede! Provo a spiegarmi meglio: è utilissimo che gli studi filologici abbiano oggi raggiunto consapevolezze e certezze riguardo alla prassi esecutiva della musica barocca (uso corretto delle fioriture, scelta corretta del tempo, dell’intonazione, delle legature di frase e dei modi di attacco) ma questo rigore non deve diventare una galera!
Studiare le fonti deve servire a capire meglio per poter dare il meglio, non per rimanere inibiti dalla complessità e severità della prassi esecutiva ufficiale. Andras Schiff insiste sempre che in un mondo così diversificato ci dev’essere posto per tutti, e non solo per i dotti filologi.




Cosa pensi che invece avrebbe detto Bach, di questa querelle?

Bach era senza dubbio uno che non poneva troppi limiti: ci teneva anzi a esplicitare che la sua musica era scritta genericamente “per tastiera”. In realtà poteva permettersi una simile genericità perché la sua era musica scritta per l’anima!… e una grande fonte di bellezza e armonia può avvalersi di qualsiasi strumento adatto alla grandezza del proprio scopo, al contempo nobilitandone la natura.

Pensi che per Bach fosse il contrappunto [ovvero il saper scrivere melodie che stanno bene insieme ad altre melodie] l’ordinatore di questa bellezza che sgorga come acqua di fonte?

Non solo! Il rigoroso contrappunto in Bach naviga sempre in un grande fiume ritmico! C’è sempre tanta danza nella sua musica. E tanta armonia: sappiamo infatti che il contrappunto è il papà dell’armonia [il concepire la musica come collegamento consecutivo e coerente di accordi].
Adoro quest’insalata di meraviglie che lui ci ha lasciato con la sua capacità di tenere insieme tutto, tante cose così diverse e che pure si combinano così perfettamente insieme. Credo che non dobbiamo avere paura che la bellezza possa non venir compresa: se eseguita “da-uomo-a-uomo” con vera tensione interiore, arriva, eccome se arriva! E in fondo lo stesso potremmo dirlo per Chopin, anche lui capace di un profondo pensiero polifonico. Credo anzi che la Sarabanda [danza spagnola del periodo barocco – ndr] sia la vera progenitrice della Mazurka [ = danza polacca del periodo romantico – ndr]

Stop! Qui ci stiamo lasciando andare al nostro irresistibile impulso di scendere a ruota libera in cose tecniche un po’ troppo specifiche. Dobbiamo lasciare qualcos’altro da scoprire anche martedì sera, no? Dimmi invece brevemente su quali progetti stai lavorando…

E’ uscito un box di CD della Decca che include tutte le mie esecuzioni, e poi altre due iniziative discografiche senza precedenti: un CD contenente tutte le Sonate di Bach, e poi addirittura tutti i Concerti, con Riccardo Chailly e l’orchestra del Gewandhaus di Lipsia. Ne sono molto contento.


(Intervista a cura di Roberto Andreoni)