Il fisico gracile e minuto, la faccia aguzza e simpatica, gli occhi penetranti sempre in movimento, quasi a cercare di cogliere uno di quegli attimi, suoni o emozioni singolari e inusitate attorno a cui poi costruisce le sue canzoni. Stiamo parlando di Andrew Bird, sicuramente uno dei cantautori più interessanti dell’attuale panorama indie d’oltreoceano (equiparabile a Sufjian Stevens per le capacità compositive e l’eclettismo musicale).
Il suo ultimo lavoro “Noble Beasts” si apre con l’inconfondibile e delizioso “fischiettio” di cui Andrew, come se fosse uno strumento che padroneggia al meglio, fa largo uso e che, assieme al suo violino, costituisce in modo inequivocabile il tratto distintivo della sua produzione musicale.
Devo confessare che immediatamente il disco mi aveva lasciato perplesso ma a ogni ascolto è cresciuto prendendomi sempre di più tanto da diventare uno dei miei lavori di Bird preferiti (secondo solo al capolavoro “The Mysterious production of eggs” del 2005).
In “Noble Beasts” le aperture pop e un “grandeur” melodico un po’ ammicante che avevano caratterizzato il precedente “Armchair Apocrypha”, lasciano il posto a canzoni composte attentamente, con una cura minuziosa della costruzione melodica e delle variazioni tematiche che, se da un lato possono non coinvolgere immediatamente, dall’altro – dando a Bird il tempo per l’ascolto attento che si merita – riescono a incantare senza mai stancare, svelando a poco a poco un’”armonia nascosta” più possente di volate melodiche di facile presa.
Anche in “Noble Beasts” il nostro ci regala i suoi graziosi leziosismi lessicali: giochi di parole e assonanze che si mischiano ad arte con i complessi intrecci musicali spesso costruiti con semplici stratificazioni di loop del suo violino su cui si innestano chitarre e percussioni.
La grandezza di Bird consiste nell’ espandere e variare una semplice intuizione musicale (e spesso allo stesso tempo lessicale) fino a crearne una canzone ed è proprio questa sua peculiare capacità che in “Noble Beasts” viene messa mirabilmente a frutto.
Per chi mastica l’inglese consigliamo di leggere sul blog del New York Times Measure for Measure – How to Write a Song and Other Mysteries i contrubuti di Bird in cui, tra le altre cose, viene presentato il suo interessantissimo processo di composizione.
Per rendersi conto del valore di Andrew Bird occorre sicuramente vederlo esibirsi su un palco. Dopo averlo seguito nel precedente tour di “Armchair Apocrypha”, a Febbraio ho assistito alla sua performance nella cornice stupenda dell’Oprheum Theater a Los Angeles.
Il concerto si è aperto con Andrew che fa il suo ingresso armato del fedele violino, si toglie le scarpe sfoggiando i vistosissimi calzini a striscie colorati e ci trascina in una intro musicale che costruisce, al suo solito, su campioni di violino, alternando arco e pizzicato col suo immancabile fischio.
Da qui si sono dipanate quasi due ore di concerto con una scaletta incentrata principalmente sull’ultimo lavoro “Noble Beasts” e su “The Mysterious Production of Eggs”.
Andrew non si è risparmiato, mettendo in scena riarrangiamenti e variazioni spesso sostanziali delle versioni dei brani su disco.
Momenti salienti della serata sono stati sicuramente una rara Don’t be Scared da Weather Systems, Fake Palindrome, A Nervous Tic Motion of the Head to the Left, Fitz & Dizzyspells e l’immancabile Tables And Chairs con cui Bird ha concluso il concerto.
Consiglio vivamente a chi potrà di andarlo a vedere nella sua unica data Italiana (18 Maggio, a La Casa di Milano).



(Carlo Torniai)

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