Il “Milano Jazzin’ Festival” è ormai entrato nel vivo del suo ricco programma. Dopo i Simple Minds, il quintetto di Rava, Maceo Parker,  Erykah Badu e Steely Dan, lunedì 13 toccherà a James Taylor mentre martedì salirà sul palco la BJG Roots Music band, nata su impulso di “Pubblicità Progresso” per promuovere la riscoperta di quelle radici dimenticate da cui si è sviluppata la musica del giorno d’oggi. Il presidente Alberto Contri, che sul palco del MJF imbraccerà la chitarra, ci aiuta a capire quali siano.



“Pubblicità Progresso” è una realtà da tempo attenta alla musica, questa attenzione può andare oltre la raccolta di fondi a scopo benefico?

Da tempo collaboriamo con artisti e cantautori italiani che abbiamo coinvolto (o ci hanno coinvolto) in campagne sociali. Anni fa ne realizzammo una a favore dei disabili, faceva perno su una canzone commissionata da noi ad hoc a Lucio Dalla: si chiama Per sempre presente, e racconta lo stupore di un down per la bellezza del creato.
Abbiamo poi patrocinato progetti in cui erano coinvolti Ron, Bergonzoni, Caselli e altri. Il 9 Ottobre al Teatro Duse di Bologna, in collaborazione con il Dipartimento Musica della locale Università, terremo un seminario-evento in cui molti artisti testimonieranno di persona il loro impegno nel sociale. Oltre a quelli citati ci saranno Elisa, Antonella Ruggiero, Negramaro, Avion Travel, Mario Lavezzi e altri la cui partecipazione è in via di definizione. Potrebbe esserci qualche grossa sorpresa…



Com’è nata l’idea di costituire una vera e propria band e quali obiettivi ha a cuore?

L’idea di una band “per il sociale” nasce dall’osservazione che la musica è un grande fattore di coesione sociale e un’opportunità di far conoscere ai giovani il lavoro di “Pubblicità Progresso”. Nel mettere a punto il progetto, ci siamo accorti che dal punto di vista della cultura, anche musicale, i giovani hanno sempre meno cognizione delle radici. Così abbiamo pensato che la band potesse anche essere utile per far loro capire da dove originano il rock e anche molto pop moderno. Ecco perchè si chiama BJG “Roots Music”. Dove B sta per Bluegrass, J per Jazz, e G per Gospel.



Nel vostro nome c’è quindi un’indicazione abbastanza precisa del vostro repertorio? Cosa farete ascoltare al pubblico del “Milano Jazzin’ Festival”?

Si va da famosi gospel come Go tell it on the mountain e This little light of mine a classici del jazz e del blues come On the sunny side of the street, Blues in the night, Tennessee Waltz, a brani storici del repertorio bluegrass come Rollin’ on my sweet baby’s arms e Midnight Moonlight. Non mancano le citazioni pop come Will you still love me tomorrow, New York Stat of Mind e Honky tonk woman… che in realtà è un brano scritto nello 1937 e non un pezzo dei Rolling Stones come tutti pensano!

Da chi è formata la band? A chi vi ispirate?

Quando ho assistito sia a Milano che a Roma alle performance di Springsteen con la band “Seeger Sessions”, ho capito che era possibile mettere insieme una band con elementi così diversi come i fiati, le corde, la ritmica e le voci gospel. Nella mia settimanale permanenza a Roma frequento da anni sia la comunità New Orleans che quella Bluegrass, oltre che musicisti di Jazz moderno. Così li ho invitati a cena e gli ho proposto il progetto e hanno accettato. Nell’attuale formazione ci sono 16 elementi.
Abbiamo una particolarissima front-line composta tutta di donne: Silvia Manco è una specie di nipotina di Oscar Peterson, bisogna ascoltare che bel fraseggio sa espimere con il suo quartetto, spesso in cartellone all’Alexander Platz o al Gregory’s di Roma.Cristiana Polegri, sassofonista polistrumentista, ha anche una voce incredibile, capace di passare dalle tonalità sommesse di “Bindi in jazz”, un suo interessante disco dedicato al cantautore genovese, ai sovracuti del gruppo Fluidorosa. Piera Pizzi attualmente è partner fissa delle tourneè di Ron, e ha una voce dalle venature “nere”. Daniela Velli ha lavorato negli States con diverse big band. Tornata in italia, noi l’abbiamo strappata alla sua vocazione di madre… visto che sa oscillare tra Aretha e Ella… Ma anche gli altri non scherzano: Derek Wilson sfoga la sua anima jazz dopo gli impegni con Venditti e Zero, Alessandro Valle suona abitualmente la pedal steel guitar con De Gregori, Michael Supnik – diplomato a Boston – suona nel Jazz Show di Lino Patruno, oltre che in in gruppi suoi e alla Rai, Francesco Puglisi è uno dei pochi bassisti italiani sempre ricercato dai gruppi stranieri, Danilo Cartìa e senz’altro il miglior banjoista italiano a 5 corde… sempre invitato a suonare negli States e in Messico. Enrico Cresci, chitarrista jazz, concertista, è l’arrangiatore della band: grande amico del trombonista leader dei Blood Sweat and Tears che vive a Roma da anni ( e si sente…).

Sul palco prenderà posto anche lei, che circa 40 anni fa ebbe l’onore di suonare con il grande Louis Armstrong?

Sì. Mi sono rimesso a studiare la musica che ho sempre suonato da autodidatta, e nel gruppo suono la chitarra elettrica, il dobro e il mandolino.
Ai tempi in cui ebbi la fortuna di accompagnare Louis Armstrong (1968) suonavo in realtà il contrabbasso con la Bovisa New Orleans Jazz Band.

Esistono ancora a Milano locali dove queste cose sono possibili o delle jam session notturne si è persa traccia?

Milano non è certo più quella degli anni Sessanta e Settanta, quando dopo un concerto della big band di Ellington o di Basie si andava al Capolinea con diversi musicisti a improvvisare jam session fino al mattino. Progressivamente i locali dove si suonava jazz sono scomparsi e la palma della musica se l’è presa Roma, dove ci sono una quantità di locali e pub che ospitano gruppi jazz, blues, bluegrass e etnici.

Come giudica l’offerta musicale di Milano? Quali sono gli aspetti ancora da migliorare? In pochi anni Milano Jazzin Festival si sta affermando ai livelli di altre manifestazioni con molti più anni di vita, su cosa si può ancora migliorare?

Come ho detto, Roma ci ha distaccati di diverse lunghezze. Se in poco tempo il Jazzin Festival sta facendo riprendere quota alla città lo si deve alla illuminata cocciutaggine dell’assessore Giovanni Terzi che è anche un sincero appassionato di musica. Ma non vorrei dimenticare il ruolo del MITO. Purtroppo, al di là di questi eventi, manca una rete di locali come quelli romani, e credo che sia dovuto anche alla progressiva incultura musicale che si è diffusa. Mi tocca ancora parlare della capitale: come mai Roma ha una Casa del Jazz e Milano no? Non c’è un luogo come quello, dove il pubblico affolla tanto i concerti di jazz moderno che le lezioni sul jazz delle origini di Lino Patruno…
Con BJG Roots Music cerchiamo di riempire un pò di questo vuoto: ci auguriamo che sponsor e istituzioni decidano di appoggiare questo bel progetto.