Se non fosse per la benedetta cocciutaggine e la genuina passione per il jazz dell’assessore Giovanni Terzi, Milano starebbe ancora arrancando dietro a molte altre città nella classifica degli eventi musicali estivi. Con il “Milano Jazzin Festival” all’Arena Civica, il capoluogo meneghino ha riconquistato molte posizioni, e il MITO deve ancora cominciare. Ma intanto Roma continua a correre, sia per i cartelloni che per la bellezza dei luoghi dove la musica si vive e si ascolta.
Nella bellissima cavea dell’Auditorium di Renzo Piano, nell’ambito della rassegna “Luglio Suona Bene”, si ascolta di tutto: dal Flamenco a Bacharach, da Bill Frisell a Tracy Chapman, da Ivano Fossati a John Fogerty. Sotto i pini illuminati di Villa Celimontana si svolge invece una interessante serie di concerti che vedono molte orchestre di conservatori italiani impegnate in performance di carattere jazzistico, spesso accompagnate da readings di poesie. In luglio, le star vere e proprie erano il pianista Cedar Walton e David Liebman, uno dei migliori sassofonisti presenti oggi sulla scena mondiale. Liebman ha suonato in un gruppo costituito dall’italiano Romano Pratesi (sax e clarinetto basso), il batterista Adam Nussbaum, e il poderoso bassista italiano Ares Tavolazzi, impegnatissimo anche a non far sentire la mancanza del pianoforte. Eccellente be-bop modernamente rivisitato con vigore, maestria e poesia nei brani lirici.
Eccellente per la verità anche la tagliata di tonno: bello poter cenare – dopo una giornata rovente – ascoltando buon jazz sotto il fresco di maestosi pini. Il bello di Roma sono proprio queste splendide ville dove d’estate si svolgono manifestazioni musicali e dove si può anche partecipare assaporando specialità culinarie. Come accade a Villa Ada, dove a meno di mezz’ora dal centro, è possibile assistere al Festival “Roma Incontra il Mondo”.
La manifestazione, di antica tradizione, da sempre dedicata prevalentemente alla musica etnica, quest’anno era un po’ imbastardita dalla presenza del solito ultramonotono reggae e addirittura di rock progressivo. Dribblando queste presenze un po’ spurie, ci si è però potuti godere un bel concerto di Nour Eddine, che ha riunito sul palco allestito sul bordo del laghetto un po’ di colleghi marocchini, algerini, siriani, napoletani e indiani.
Il musicista berbero suona il liuto, la chitarra, le percussioni e la ghayta (una specie di oboe) e canta con una voce affascinante antiche melodie, rese ancora più universali da altri musicisti che cantano in coro e si accompagnano con oud, violino e tablas.
Interessante l’allestimento, che prevede una grande pedana davanti al palco per far ballare il pubblico al ritmo di danze sconosciute ed esotiche. Ancora più gradevole l’ottima cucina indiana e iraniana, che si può gustare a prezzi modici ascoltando la musica.
Perché non cercare di fare qualcosa di simile a Milano che, lo ripetiamo, non ha ancora una Casa del Jazz?



(Alberto Contri)

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