La rimasterizzazione degli indimenticabili dischi dei Beatles offre l’occasione per ripercorrere l’opera dei Fab Four e osservarla, cogliendo la novità che rivoluzionò la musica di allora e che continua a influenzare quella del nostro tempo.
In questa prima puntata dello speciale “Ritorno ad Abbey Road” Paolo Vites introduce i lettori de ilsussidiario.net all’ascolto di “Please Please Me” (1963).
Quando, nel marzo 1963, esce il primo album dei Beatles, il “padellone” – come lo chiamano alcuni – il vinile è ancora un oggetto di non largo consumo. Nonostante la musica rock e pop sia un fenomeno di massa sin dall’esordio di Elvis Presley (1954), i teenagers comprano ancora in maggioranza il solo oggetto veramente di consumo, il 45 giri.
L’album è qualcosa di più, che, tra l’altro, non tutti possono permettersi perché moltissime carriere di tanti teen idols finiscono dopo un paio di singoli. L’LP è normalmente una raccolta dei singoli pubblicati in precedenza, niente di più. Saranno i Beatles, già con questo lavoro dove incidono parecchio materiale inedito, a cambiare questa legge di mercato. E saranno premiati perché i loro album si venderanno come e più dei singoli.
I dischi poi si registrano rigorosamente in mono: come racconta il produttore dei Fab Four, George Martin, quella era la regola. La registrazione stereofonica, che diverrà di massa solo dopo l’uscita di “Sgt. Pepper’s” nel 1967 (ma anch’esso registrato originariamente in mono), è un fenomeno che appartiene solo alla musica classica e a pochi audiofili.
È anche il disco che inventa il concetto di rock band: per la prima volta un gruppo scrive i propri pezzi e se li suona, senza interventi di professionisti di studio, come capitava a tutti, anche a Elvis. Prima dell’uscita di “Please Please Me”, i Beatles avevano pubblicato solo due singoli, Love Me Do (ottobre 1962) e appunto Please Please Me, nel gennaio del nuovo anno. Il successo, a livello inglese, di questi due primi singoli era stato subito sorprendente, confermando la felice intuizione di George Martin che dopo diversi rifiuti di altre etichette, aveva messo sotto contratto McCartney e soci per la Parlophone, sussidiaria del gruppo EMI.
L’11 febbraio 1963, alle 10 di mattina, cominciano le sedute di registrazione: a parte i quattro brani già pubblicati sui due singoli (ma Love Me Do viene registrata nuovamente, con alla batteria Andy White al posto di Ringo Starr, considerato da Martin ancora troppo insicuro, che invece l’aveva suonata nel singolo uscito mesi prima; White suona la batteria anche in P.S. I Love You). Finiranno in tarda serata, completando in una sola giornata uno dei dischi che ha cambiato la storia della musica popolare.
Alla fine, a differenza degli album dell’epoca che contenevano al massimo dodici pezzi, sei per facciata, "Please Please Me" ne contiene 14, sette per ogni lato del vinile. Sette sono originali a firma Lennon-McCartney, gli altri sono cover di brani già famosi negli Stati Uniti: Anna, di Arthur Alexander; Chains, del duo Goffin-King; Boys, di Dixon-Farrell; Baby It’s You, composta tra gli altri da Burt Bacharach, A Taste of Honey di Scott-Marlow e Twist and Shout, già portata al successo dagli Isley Brothers.
Come si vede nella scelta dei brani altrui, un gusto eclettico che passa con scioltezza dalla canzone pop bianca al R&B di colore, al rock’n’roll. Un gusto a 360 gradi che sarà la caratteristica dei Beatles, a differenza degli Stones, che faranno quasi sempre riferimento all’ortodossia blues. I brani autografi, invece, rivelano tutta l’autorevolezza e l’impatto compositivo dei due giovani autori: I Saw Her Standing Her, pezzo iniziale dell’LP e con cui, ancora nel 2004, McCartney apriva i suoi concerti, è pura esplosione rock con l’inconfondibile ricchezza melodica del suo autore.
Entra nei canoni della futura musica rock l’urlo iniziale di Paul, e butta giù come un calcio contro una porta chiusa, con la stessa energia devastante con cui quasi dieci anni prima Elvis aveva dato fuoco alle polveri, il muro che aveva annichilito la musica rock negli ultimi anni: “One, two, three, FOUR!”. Tutt’oggi il pezzo suona fresco e moderno e ben si può capire l’isteria che abbia potuto scatenare ai tempi, in un momento in cui la musica rock e pop languiva in un formato standard e ripetitivo, dominato dalle voci languide dei cantanti “per bene” americani tipo Pat Boone.
La successiva Misery, ballata semiacustica, svela già quella vena di malinconica rabbia che caratterizzerà sempre l’inquieto Lennon. Ma l’uso geniale del pianoforte annuncia la futura esplosione creativa del gruppo. Brani come Ask Me Why rivelano ovviamente che i due sono ancora alla ricerca di una formula personale, così come P.S. I Love You, con quel tono vagamente alla Elvis Presley più sdolcinato. Love Me Do e la title track confermano l’inventiva dei Beatles, specie nell’uso di armonie vocali brillanti e mai scontate.
Ma la gemma del disco, duole dirlo, non è a loro firma, ma è come se lo diventasse dopo la loro interpretazione: Twist and Shout è una delle più eccitanti incisioni che la storia ricordi. La voce di John Lennon è di una potenza evocatrice straordinaria; la batteria di Ringo Starr ne sottolinea ogni passaggio con grinta e cura, mentre il resto del gruppo combatte per riuscire a stare dietro alla foga scatenata di John.
Questo è rock’n’roll, del migliore e del più puro. Dopo, il resto del mondo sarà costretto ad adeguarsi. Il pezzo è l’ultimo delle sedute a essere registrato. Martin sarà costretto a dire. «Non so come fanno. Di solito, più si va avanti a registrare, più i musicisti scadono, le voci si rovinano. Loro, più registrano, più diventano migliori». A maggio, il disco entra in classifica e ci rimarrà per 30 settimane consecutive, prima di essere rimpiazzato, da un altro disco dei Beatles, ovviamente.
In Italia "Please Please Me" esce addirittura a novembre, nove mesi dopo, con titolo ("The Beatles") e copertina diversi, ma sequenza dei brani identica alla versione inglese. In America sarebbe uscito con brani differenti.
Please please me (remastered)
Emi Music
€ 20,90