Si dice, e pare sia proprio vero, che Mogol (uno che con le parole ha sempre dimostrato di saperci fare) si recò un giorno di metà anni Sessanta a Londra per incontrare Bob Dylan. Il cantautore americano, allora al vertice del successo, era già considerato “il poeta” della musica rock per l’incredibile ricchezza dei testi delle sue canzoni. Il futuro paroliere di Lucio Battisti, invece, si dava da fare traducendo testi dei maggiori successi anglo-americani per darli da cantare a gruppi e cantanti di casa nostra. Incontrò Bob Dylan proprio per sottoporgli le sue traduzioni. Il musicista americano, dopo aver ascoltato il frutto del suo lavoro, stracciò i suoi fogli e proibì qualunque traduzione in italiano delle sue liriche.



Certo, è risaputo che la lingua italiana non è molto rock: non ha, ad esempio le tronche che favoriscono l’adattamento del linguaggio alla musicalità del rock come è invece per gli inglesi; per esprimere un concetto, poi, ha bisogno di periodi molto lunghi ed elaborati, mentre loro con tre parole riescono a esprimere una intera conversazione. È uno dei motivi per cui la musica rock non è parte della cultura italiana e latina in generale (oltre alle origini stilistiche musicali che nulla hanno da condividere con le nostre). Altro però è stravolgere il senso stesso di un brano straniero per farne una versione in italiano.



Su Internet impazzano da qualche giorno i commenti angosciati di molti music fan che hanno avuto la possibilità di ascoltare la resa in italiano che Vasco Rossi, con il titolo di A ogni costo, ha fatto di uno dei primi successi del gruppo inglese dei Radiohead, Creep.
Il brano in questione è stato, assieme a Smells Like Teen Spirit dei Nirvana, l’inno della Generazione X, i ragazzi sbandati, nichilisti e prossimi al suicidio di inizio anni Novanta (Kurt Cobain lo avrebbe fatto veramente, il suicidio) magnificamente raccontati nel libro omonimo dello scrittore americano Douglas Coupeland.



“Creep” infatti significa più o meno “sfigato”, “fallito”, “perdente” e infatti il testo diceva in uno dei passaggi più significativi: “But Im a creep, Im a weirdo. What the hell am I doing here? I dont belong here”. “Sono un perdente, sono un tipo strano, che diavolo ci faccio qui, io non appartengo a questo posto”. Era un tizio che sentendosi inadeguato – esistenzialmente – alla propria ragazza le comunicava tutta la sua disperazione, il suo desiderio di essere “speciale”, ma di non riuscirci: “You’re so fucking special, I wish I was special but I’m a creep”.
Da notare che inglese, “you” può anche essere letto come “voi” e il brano in effetti sembra si riferisca proprio alla difficoltà di inserimento nella società piuttosto che a una fidanzata.

 

 

 

Nella versione di Vasco, il contenuto diventa quello di una canzoncina d’amore un po’ triste, dove praticamente si ripete una strofa sola dall’inizio alla fine: “Guarda che lo so che gli occhi che hai / non son sinceri / sinceri mai / nanana / tanto è lo stesso / soffro anche spesso / Ma sono qui / amo dirtelo / voglio restare insieme a te / ad ogni costo”.

Una povertà espressiva non da poco. Ma non solo. Nonostante una laurea honoris causa recentemente data al rocker emiliano, difficilmente le canzoni di Rossi hanno contenuto più di una due strofe, ripetute all’infinito. Non entriamo nei dettagli dei contenuti (cioè la ripetizione alla nausea, dopo il periodo della “vita spericolata”, della noia esistenziale), ma proprio espressiva: alcuni passaggi della versione originale vengono tradotti con un simpatico “nanana”, che alcuni dei fan più scafati riconoscono già come marchio di fabbrica della poeticità del cantautore laureato: il bridge della canzone originale, quello che, per intenderci, dice "She’s running out again She’s running out She run, run, run run" è sostituito con reiterati “nanana”, che peraltro sostituiscono anche altri versi del pezzo dei Radiohead.

Il “nanana” è tutto quello che resta della canzone d’autore italiana? Non vogliamo sbilanciarci: in fondo noi ci sentiamo più dei “creep”, gente un po’ strana che preferisce sempre gli originali alle imitazioni…