JOAN SUTHERLAND: Ottantaquattro anni vissuti all’insegna della musica e del canto: ci ha lasciato, il dieci ottobre, Joan Sutherland, una delle Signore che hanno costruito la storia del canto lirico nel nostro secolo.
Una carriera guadagnata e meritata: non frequenta il Conservatorio, ma si dedica allo studio del canto con la mamma. Poi il debutto con Wagner, mentre lavorava ancora come segretaria.
La Sutherland con i suoi quarantanni di carriera vanta un repertorio immenso, interpreta un ampio saggio di brani, dal settecento di Handel fino al pieno novecento con Puccini. In una società come la nostra che richiede sempre più specializzazioni volte ad approfondire una sola direzione, appare oggi strano che ci si possa giostrare con tanta destrezza in brani così diversi.
Eppure tutto ciò non fu privo di fatica: tra audizioni, concorsi, prove e debutti, la Sutherland mise alla prova se stessa e il pubblico, dimostrando che il talento e l’esercizio costante fanno si che una voce ben educata al canto possa ben giostrarsi tra i diversi autori del nostro repertorio classico . Viene consacrata nel 1959 con “Lucia di Lammermoor”, capolavoro donizettiano allestito al Covent Garden dopo ventinove anni di assenza in cartellone.
Altri suoi significativi debutti: La traviata, I puritani e La sonnambula (1960), Beatrice di Tenda (1961), Die Zauberflöte (Königin), Gli Ugonotti e Semiramide (1962), Giulio Cesare e Norma (1963), Faust (1965), La fille du régiment (1966), Lakmé e Orfeo ed Euridice di Haydn (1967), Les contes d’Hoffmann (i quattro ruoli sopranili, 1970), Maria Stuarda (1971), Lucrezia Borgia (1972), Die Fledermaus (1973), Esclarmonde (1974), Il trovatore (1975), La vedova allegra (1976), Suor Angelica e Le Roi de Lahore (1977), Idomeneo (1979), I masnadieri (1980), Adriana Lecouvreur (1983), Anna Bolena (1984) e Hamlet di Thomas (1985).
Di lei scrive Massimo Mila : “La perfezione dell’emissione, la naturalezza con cui le uscivano dalla bocca i più pericolosi vocalizzi, la dolcezza vellutata del timbro, mai incrinata da un’apparenza di sforzo, la nobiltà del portamento, tutti questi elementi concorrevano a fornire il personaggio d’una soggiogante presenza scenica”. E ancora: “pare che oggi non esistano nemmeno più i registri vocali per cui alcune parti sono state pensate: castrati, certo, non se ne trovano più. Per far fronte a queste difficoltà la Scala ha reclutato prima di tutto la voce miracolosa di Joan Sutherland…” (riferendosi all’interpretazione di Semiramide).