“Non desidero niente di più che un pianoforte e te accanto”. Robert e Clara Schumann.

I grandi dell’Arte sono (secondo un inossidabile mito romantico) celebri per le loro eccentricità. Robert Schumann apparentemente non fa eccezione: permeato dall’anelito febbrile di Jean Paul Richter fin dall’adolescenza, il musicista alterna per tutta la vita momenti di euforia ad altri di profonda depressione fino a terminare i suoi giorni in una casa di cura per alienati mentali.  Tutto secondo l’ormai consunto clichè dell’artista divorato dal suo stesso “demone”, preda delle sue fantasie che divengono ossessioni.
Unica oasi di pace: lei, l’Amata, l’Unica.
Clara.



Figlia di Friedrich Wieck (insegnante di pianoforte di Schumann) e di nove anni più giovane di Robert, la ragazza dimostra straordinarie e precocissime doti musicali: compone e, soprattutto, padroneggia la tecnica pianistica in modo strabiliante.
L’amore tra i due attraversa molti momenti difficili dovuti alla differenza di età e alla feroce opposizione del padre di Clara che diffida della stabilità e delle possibilità economiche del pretendente.



Il travaglio amoroso diventa per Robert fonte di ispirazione.  Nascono in questo periodo (1833-1840) pagine tra le più strabilianti del pianismo ottocentesco: i “Dieci improvvisi su un tema di Clara Wieck” op.5, le “Davidsbündlertänze” op. 6 (ancora ispirate a un tema di Clara), il “Carnaval” op. 9 (in cui, tra le varie maschere, compare anche l’impetuosa, appassionata “Chiarina”) e la Sonata op. 11 che a Clara è esplicitamente dedicata.
In realtà l’elenco dovrebbe comprendere la quasi totalità delle composizioni schumanniane a partire dal 1835.  Clara diviene infatti il fulcro dell’immaginazione poetica di Robert, il punto da cui partire e la meta a cui tendere.



Attraverso un artificio crittografico Schumann escogita addirittura una sequenza di note che, in tutta la sua produzione, sarà simbolo della moglie.  Così l’amore per colei che sarà la compagna della sua vita penetra le più intime fibre dell’arte schumanniana rendendo vera (al di là di ogni metafora) la frase di Robert per cui “la […] immagine [di Clara] si libra al di sopra di queste tenebre [la perenne instabilità psichica e l’ostilità di Wieck] e mi aiuta a sopportare tutti i miei dolori”.

 


Dal canto suo Clara annota il 12 settembre 1840, giorno del suo matrimonio e vigilia del suo ventunesimo compleanno: “Che posso dire di questo giorno? Alle dieci, il matrimonio venne celebrato […].  Tutto il mio essere era pieno di riconoscenza per Colui che, attraverso tanti scogli e rocce, ci ha guidato l’una verso l’altro. L’ardente preghiera che Gli ho rivolto fu quella di conservarmi il mio Robert per lunghi, lunghi anni.  Ah! Il solo pensiero che potrei perderlo, ora ch’egli viene a me, mi fa smarrire la ragione.  Il Cielo mi protegga da tale sciagura, che non sopporterei! […] Fu una bella giornata. Anche il sole, ch’era nascosto da alcuni giorni, diffuse su noi al mattino, quando ci recammo alla cerimonia, i suoi miti raggi, quasi volesse benedire la nostra unione.
Nulla venne a turbarci durante la giornata, che io annoto in questo libro come la più bella e la più importante della mia vita.”

L’unione matrimoniale, intensa anche dentro le fatiche e le incomprensioni della convivenza quotidiana, è feconda non solo artisticamente: Clara e Robert avranno infatti ben otto figli.
Come emblema dell’amore tra i due, tra le moltissime pagine del catalogo schumanniano, ho scelto il terzo movimento (Andante cantabile) del Quartetto per pianoforte e archi op. 47.

Concepito esplicitamente come un omaggio alla moglie (“E’ il tuo ritratto” confessò Robert a Clara)
il brano ci mostra il cuore pulsante del sentimento che legò (e lega ancora, ne sono convinto) i due sposi. 

Il dolcissimo tema “di Clara” si distende per gran parte della composizione e, pur sottoposto alle più svariate “prove” musicali, resiste ostinatamente e continua a regalarci la sua struggente intensità, il suo bruciante desiderio di unione profonda, duratura, senza fine.

 

Schumann: Quartetto per pianoforte op. 47 III movimento

 

 

 


 

E’ una melodia di meravigliosa semplicità che risuona, affidata alternativamente ai quattro strumenti, in un crescendo di contrappunti che ne enfatizzano il carattere profondamente lirico.
Con gesto inatteso il finale [6’05”], pervaso da una luce arcana, sembra pronunciare la risposta all’accorato appello che abbiamo ascoltato, commossi, nell’intero movimento.

Dalle brume dell’ultima enunciazione della melodia principale [5’26”] si innalza un misterioso disegno che , dopo una breve peripezia, termina dolcemente in un clima di intima comunione.
Con un semplice gesto Robert riesce a portare l’amata Clara là dove il suo cuore desidera e ci restituisce lo stupore di ritrovarsi, oltre le porte dell’Eterno, ancora insieme.  Per sempre.

 

Schumann: Quartetto per pianoforte op. 47 III movimento

 

 

Quartetto Anthos

Francesco Spazian, pianoforte
Agnese Tasso, violino
Jessica Orlandi, viola
Silvia Dal Paos, violoncello