Stranissima prima serata della 60° edizione del Festival di Sanremo, nel segno del ridimensionamento. Venticinque minuti filati di Bonolis-Laurenti che promettono un Festival brillante, ironico, spiritoso e spumeggiante seguiti poi da un’estenuante prima serata con una Antonella Clerici francamente inadeguata a comprendere la valenza del rito sanremese.
Sanremo ha una sua liturgia, comunque la si voglia giudicare. È la liturgia del nazional-popolare e va saputa interpretare, ma la Clerici abbassa tutto a livello delle “tagliatelle di Nonna Pina” e il nutrito gruppo autorale, sulla carta pieno di risorse, non riesce affatto a alzare il livello.
Anche il caso Povia, che alla vigilia sembrava promettere sfracelli con il suo nuovo capitolo “sociale” dedicato ad Eluana, ne esce ridimensionato.
La mia impressione è che, nonostante le attese, non esista un vero caso Eluana-Povia, tutto è stato montato ad arte.
Come sempre Povia fa un’astuta operazione, che cavalca con furbizia la fragilità del sistema mediatico e mette in scena a Sanremo la sua nuova commedia. il gioco però è molto più piccolo e lieve: l’operazione di Luca era gay può funzionare solo una volta.
«Mamma, papà ora vi vorrei parlare, solamente dell’amore». Il cantante sembra non voler riaprire il caso.
A un certo punto la protagonista della canzone dice: «Non voglio più dormire in fondo al mare. Chiedo solamente di volare», la canzone che doveva contenere il nome di Eluana anche nel titolo, sembra sposare le scelte del padre, Beppino Englaro, anche se implicitamente.
«Mamma, che ne sanno del dolore? Di quello che si può provare per una disperata decisione»: questo passaggio è ancora più esplicito.
Povia costruisce una canzone incisiva, forte, teatralizzata e rispettabile. Si può accusarlo di saper solo registrare la confusione generale che il caso Eluana ha prodotto. Non prendiamolo però, per discutibile che sia, come un trattato di teologia o come il pensiero di un autorevolissimo opinionista. Trattasi in fondo di canzonette.