“Fumo crack perché sono depresso”. La frase shock di Morgan, ex leader dei BluVertigo noto anche in televisione per la sua partecipazione alla trasmissione X Factor, sta facendo discutere tutto il web. Morgan ha infatti dichiarato al mensile Max che fa uso di droghe, in particolare crack, ma solo come antidepressivo.
Una dichiarazione che fa saltare la sua partecipazione al Festival di Sanremo.
Parole discutibili, naturalmente, quelle di Marco Castoldi, in arte Morgan, cantante, scrittore e star televisiva. Se è vero che le parole di un personaggio noto possono risultare cattiva influenza su diverse categorie di persone, specie i più giovani, è altrettanto vero che pochi hanno capito veramente il senso di quanto detto dal personaggio.
Morgan, con coraggio, ammette “un male di vivere” (tra l’altro accennando anche al padre, morto suicida) che neanche professionisti della medicina hanno saputo curargli. Si potrà dire che l’uso della droga per sostenersi è in qualche modo una codardia, ma il male di vivere, la difficoltà a inserirsi nella realtà, è un dato di fatto presente nella nostra società che è inutile negare.
Da sempre si associa musica rock con droga, quando invece la droga è sempre stata una presenza costante nel mondo artistico, si pensi a Baudelaire e Rimbaud; nella musica per primi l’hanno portata i musicisti jazz degli anni Quaranta e Cinquanta, che ne facevano ampio uso, vedi Miles Davis e tanti altri.
La popolarità a livello mondiale dei cantanti pop ha ovviamente reso la droga, da fenomeno di elite, un fenomeno di massa. Ma il suo uso e consumo nasce, inizialmente, come sostegno a un’attività stressante a livello psicofisico: i musicisti degli anni Sessanta sostenevano dei ritmi promozionali massacranti, con doppi concerti giornalieri, apparizioni radio e televisive continue, incisione di anche due album all’anno eccetera.
Difatti le prime droghe usate erano, come la cocaina, di tipo chimico e farmaceutico. Poi, con la scoperta dell’LSD e con la convergenza delle grandi utopie libertarie californiane, la droga diventò il metodo per “allargare l’area della coscienza”, cioè espandere i limiti della conoscenza e trovare alternative al sistema di vita materalista.
Che fosse solo una utopia fallimentare, lo avrebbero dimostrato i primi morti e i molti esempi di pazzia scatenata da questo tipo di droga, ad esempio i casi di musicisti validissimi come Syd Barrett, fondatore dei Pink Floyd, che a forza di spalmarsi l’LSD come fosse brillantina sui capelli, perse completamente l’uso del cervello.
E’ vero che alcuni dei migliori dischi rock (come quelli jazz) sono venuti alla luce grazie all’uso delle droghe, basti pensare a capolavori immortali come "Blonde on Blonde" di Bob Dylan (inciso con il sostegno di dosi elefantiache di amfetamine), "Sgt. Pepper’s" dei Beatles, "Pet Sounds" dei Beach Boys (in cui l’LSD scorre come Coca-Cola) o ancora "Exile on Main Street" dei Rolling Stones (dove l’eroina era il propulsore della creatività).
E’ anche vero, come hanno ammesso altri, ad esempio Graham Nash di Crosby, Stills, Nash & Young, che “senza la droga avremmo prodotto più musica e anche migliore”.
Ma tornando al caso di Morgan, le sue parole fanno piuttosto venire in mente il caso di Kurt Cobain, geniale leader dei Nirvana, morto suicida e grande consumatore di eroina, da tutti etichettato come l’ennesimo esempio di rock star balorda e viziosa.
Eroina invece che lui prendeva per combattere il suo male di vivere, sbocciato – come si sarebbe venuto a sapere solo dopo la sua morte – in coincidenza con il divorzio dei genitori, quando ancora era bambino. Un male che né la droga né la musica rock avevano saputo vincere.
E allora forse Morgan dovrebbe pensare a una persona come Cobain, e chiedersi quanto a lungo la sua “medicina” potrà combattere le sue depressioni e il suo male di vivere.