Noto con il nome d’arte di Sparklehorse, si è ucciso sabato Mark Linkous, artista cult molto amato negli ambienti del cosiddetto folk alternativo americano. Con il suicidio di Vic Chesnutt a inizio anno, è il secondo caso analogo che colpisce il mondo della musica. Entrambi gli artisti esprimevano una visione della musica estremamente sofferta e Sparklehorse nel 1996 era già entrato nelle cronache per una overdose di anti depressivi che gli avevano causato uno stato di morte durato un paio di minuti.
“Quando mi sono ripreso ho temuto” disse alla rivista Rolling Stone “che in quei minuti in cui ero tecnicamente morto si fosse danneggiata quella parte del mio cervello che mi permette di scrivere canzoni”.
Con la sua band, Linkous aveva pubblicato quattro dischi di musica minimale e introversa, il primo dei quali a metà anni 90 dal complicato titolo di “Vivadixiesubmarinetransmissionplot”. Aveva poi prodotto nel 2003 il lavoro di un altro artista maledetto, Daniel Johnston, “Fear Of Yourself”. Nel 2001 Sparklehorse aveva pubblicato un album dal titolo alquanto ironico, vista la natura depressa delle sue canzoni: “It’s A Wonderful Life”. Recentemente aveva collaborato con il produttore Danger Mouse e con il regista David Lynch a un progetto multimediale intitolato “Dark Night Of The Soul” che poi per motivi legali era rimasto nei cassetti.
La sua attuale casa discografica ha confermato che l’artista aveva appena terminato di registrare un nuovo disco che sarebbe dovuto uscire afra poco tempo. Mark Linkous ha espresso in modo drammatico il senso di smarrimento e di vuoto che colpisce i giovani americani cresciuti negli anni 90, esattamente come Kurt Cobain. Un senso di smarrimento a cui sembra essi siano capaci di rispondere solo con il gesto estremo del suicidio.