Il 29 settembre 1825 rappresenta una data storica per l’Opera Lirica. In una struttura denominata “La Rancheria”, adibita a teatro, nella città di Buenos Aires, a soli dieci anni dalla nascita della Nazione Argentina, con l’attuazione del rossiniano “Il barbiere di Siviglia” si assisteva alla prima rappresentazione operistica in suolo latinoamericano e alla nascita di un fenomeno culturale che farà della capitale portena uno dei massimi centri mondiali di questo genere musicale.
Non solo: nel 1910 la città era la unica al mondo dove operavano ben quattro teatri dedicati alla lirica, tutti ad altissimo livello: il Politeama, l’Opera, l’Argentino e il più famoso di tutti, il leggendario Teatro Colon che, già da due anni, si imponeva come una delle massime istituzioni operistiche mondiali. Negli anni Trenta a queste sale si aggiunse il teatro Marconi, ma purtroppo il solo Colon ha resistito negli anni proponendo una programmazione di altissima qualità: gli altri teatri sono tutti spariti o, come nel caso dell’Opera, han cambiato genere.
Inaugurato il 25 maggio 1908, giornata che in Argentina commemora la “Rivoluzione di Maggio” che nel 1810 portò alla fine del dominio spagnolo, primo passo verso l’indipendenza nazionale, l’edificio del Colon, progettato in più fasi dagli architetti Italiani Francesco Tamburini,Vittorio Meano e dal Belga Jules Dormal in un curioso connubio di stile rinascimentale e francese, aprì i battenti con una storica rappresentazione dell’Aida (preparata pochi giorni prima a causa di un repentino cambio di programma dovuto alla defezione del tenore Antonio Paoli e del baritono Titta Ruffo, a causa della leggendaria superstizione che vuole i cantanti che inaugurano i teatri vittime della jella più nera) e, curiosamente, come la capitale argentina, ebbe due fondazioni, dato che l’omonimo precedente, inaugurato nel 1857, dovette chiudere nel 1888 per ragioni economiche e l’edificio adibito a sede di una banca.
La sua fama non è dovuta solo al fatto dell’altissima qualità della sua produzione anche in termini di protagonisti della scena lirica, della musica classica e del balletto che si sono esibiti (praticamente tutti) nell’arco di un secolo di attività, ma anche a causa della sua acustica, considerata la migliore al mondo, e la bellezza della costruzione. Si dice che il suono raggiunga in tutta la sua purezza anche le file di posti più remote sia a causa della presenza di una fitta rete di tubature nella sua struttura, ma anche per il fatto che l’edificio poggia le sue fondamenta praticamente su di un torrente, cosa che con il trascorrere del tempo ha portato l’intera sua struttura a un pericoloso decadimento e quindi alla necessità di un imminente restauro per preservare la stupenda costruzione.
PER CONTINUARE A LEGGERE L’ARTICOLO SUL TEATRO COLON CLICCA IL PULSANTE >> QUI SOTTO
Nel 2001 viene chiamato l’Istituto per il restauro dei beni Culturali di Roma, la massima autorità mondiale in materia, che non solo elabora un piano di intervento efficace ma, vista l’estrema importanza dell’istituzione a livello storico e operistico, propone un accordo tra i due governi, argentino e italiano, tesa ad annullare i costi dell’intervento o a ridurli drasticamente da parte della nazione latinoamericana. Ma, stranamente, “sia il validissimo progetto, seppur richiesto, che la collaborazione ai lavori sono rimaste lettera morta per dare inizio a una operazione di Master Plan che con il restauro non ha niente a che fare dato che le varie imprese che se ne occupano non hanno la minima esperienza in materia” sostiene l’architetto Fabio Grementieri, uno dei massimi esperti, autore di diversi interventi che hanno permesso il ripristino di edifici storici di Buenos Aires, cosa per la quale è stato insignito di un premio da parte della Henry Hope Reed Award.
Date le pessime condizioni dello stabile, il Colon è costretto a cessare la sua attività nel 2006, dopo che una serie di interventi ne avevano peggiorato le condizioni, ma si erano letteralmente buttati dalla finestra 90 milioni di dollari stanziati dal Banco InterAmericano per lo Sviluppo, che difatti si ritira dalla partita per il non rispetto del piano di supposto restauro: nel frattempo l’intero Dipartimento di Architettura del Teatro rassegna le dimissioni per le stesse ragioni.
Al caos si somma l’elezione di Mauricio Macri, un industriale convertito alla politica e proprietario della squadra di calcio del Boca Juniors, a Governatore della città. La sua concezione della cultura come prodotto teso al profitto provoca il drastico taglio dei fondi destinati a istituzioni teatrali e centri di produzione culturale impoverendo l’attività in una città dove la sua offerta era la migliore al mondo.
Ma non è tutto: dopo anni di battaglie di tantissimi cittadini che combattono la sistematica distruzione di edifici di indubbio valore storico per dare spazio alla speculazione edilizia più selvaggia che sfocia nell’approvazione di una legge che proibisce la demolizione di stabili costruiti prima degli anni Quaranta (spesso meravigliosi e unici esempi di integrazione di vari stili architettonici propri delle culture immigrate), le varie “distrazioni” della commissione preposta unite a fantasiosi cavilli legali provocano lo smantellamento di diversi edifici, di case bellissime per far posto a torri di appartamenti dall’architettura indecente, quando non totalmente anonima.
È chiaro che per il povero Colon si prospettano tempi bui, ma nessuno poteva pensare a quello che poi è avvenuto e sta per essere portato avanti: un piano che potrebbe portare l’intera Istituzione del Teatro a essere una struttura meramente ricettiva di produzioni esterne, quindi eliminando o riducendo al minimo la propria. “Questo significa non solo la fine di una produzione artistica che per un secolo è stata uno dei fiori all’occhiello del Paese nel mondo, ma soprattutto la drastica riduzione degli organici con il licenziamento di maestranze di altissima qualificazione o la loro delocazione in altre istituzioni statali con meri compiti impiegatizi” puntualizza Maximo Parpagnoli, archivista video e delegato del sindacato ATE . “Interi settori sono stati o stanno per essere smantellati e il teatro sarà utilizzato per manifestazioni pubblicitarie ed eventi di vario genere, snaturandone completamente la storia e la funzione”.
PER CONTINUARE A LEGGERE L’ARTICOLO SUL TEATRO COLON CLICCA IL PULSANTE >> QUI SOTTO
Ma dove lo scandalo continua a registrare i lati più vergognosi è nel supposto intervento strutturale di “restauro”. Le imprese si sono moltiplicate, ovviamente gonfiando a dismisura i costi, ma i lavori sembrano procedere nella confusione più totale nonostante la loro responsabile, l’architetto Sonia Terreno, che in un primo momento dichiarava alla stampa “Un architetto fa quello che gli ordina il cliente: se gli viene chiesto un bagno più grande deve farlo, se quello che gli viene chiesto è una grande sala da gioco o una cucina con luce naturale deve sacrificare qualsiasi cosa per farlo”, dimostrando una dubbia competenza in restauro, dopo lo scandalo di queste dichiarazioni rettificava dicendo che “sono stati convocati professionisti del settore e chiesti i pareri di imprese che si sono occupate dei restauri della Scala di Milano e della Fenice di Venezia, così come specialisti quali il direttore di scena della Scala e l’esperto di acustica spagnolo Higini Arau”. Peccato che quest’ultimo, interpellato, abbia dichiarato di aver compiuto una mera visita all’edificio.
La struttura del Colon è stata sventrata per costruire rampe di accesso per scenografie: la gru intervenuta per rimuovere i container pieni di materiale ha sfondato per il peso la pavimentazione ed è sprofondata distruggendo locali situati nel sottosuolo; il sipario del palco doveva essere rinnovato da uno dei massimi esperti al mondo in materia, il cileno Miguel Cisterna, ma alla sua richiesta di restaurare quello esistente perché di una bellezza unica, l’artigiano è stato messo alla porta. La ragione è che occorre far posto a un telone nuovo “ignifugo e moderno che non ha ricevuto l’avvallo della Commissione Nazionale dei Monumenti e luoghi Storici che aveva autorizzato il restauro del precedente”. Questo si legge in una delle tre relazioni fatte in successive visite effettuate da commissioni, l’ultima delle quali di magistrati che hanno di fatto bloccato i lavori e i massivi licenziamenti di maestranze.
“I preziosi mobili del Teatro, gli archivi audiovisivi, la biblioteca e gran parte dei preziosi oggetti che facevano parte del museo, nonché l’apparato scenografico e il vestiario sono, quando non esposti alle intemperie o scomparsi, conservati in condizioni precarie che ne mettono in pericolo l’esistenza”. “Gli stucchi e i gessi che adornano i palchi sono irrimediabilmente danneggiati quando restaurati in forma completamente diversa dall’originale. Le vernici utilizzate per il Foyer e il Salon Dorado sono composte con materiali diversi e rendono effetti cromatici differenti. Quelle utilizzate per le porte degli esterni non rispettano la cromia in simil pietra della facciata” e via di questo passo.
L’11 Ottobre dello scorso anno l’organizzazione internazionale “World Monument Fund” ha inserito il Teatro Colon tra le strutture mondiali di altissimo valore storico e architettonico a rischio. Evidentemente qui a Buenos Aires ci sono persone che ancora non hanno capito che demolire il proprio passato significa annullare il proprio futuro. Auguri vecchio Colon!