Un altro pezzo della nostra storia che se ne va: con Nicola Arigliano scompare un artista a tutto tondo, uomo di spettacolo completo e in grado di parlare a più generazioni come pochi fra i suoi contemporanei.
Sin dagli inizi il cantante leccese si dimostrò essere altro e diverso rispetto alla media: nato nel 1924, iniziò a cantare durante il servizio militare – e proprio nella parte di un militare in La grande guerra di Monicelli (1959) darà una delle sue più compiute e convincenti come attore- per poi proseguire dopo il congedo dedicandosi subito al repertorio americano e napoletano, anziché alla “tipica” canzone melodica (sono gli anni in cui nasce il Festival di Sanremo).
Un episodio molto significativo, risalente ai primi anni Cinquanta, illumina bene la poetica e la forte personalità dell’artista: Arigliano fu scritturato a Lima, in Perù, ma appena giunto si accorse che l’impresario pretendeva da lui un repertorio di stornellate all’italiana, sul modello degli allora popolarissimi Claudio Villa e Luciano Tajoli; senza pensarci due volte, il cantante protestò il contratto e si spostò negli Stati Uniti, per poter conoscere dal vivo la musica da lui amata fino ad allora solo dai dischi.
Qui conobbe gente del calibro di Frank Sinatra, Billy Eckstine e Sarah Vaughan, come dire la crema del canto jazzistico, e soprattutto quest’ultima lo influenzò notevolmente, trasmettendogli la volontà di controllare la melodia con disciplina, ma anche con ariosità, anche se la lezione di Eckstine si nota a livello timbrico, in quel colore baritonale denso eppure screziato di improvvise lucentezze, come si può notare – pescando a caso fra le innumerevoli incisioni del cantante – nello stellare That’s My Desire in duo con la chitarra di Franco Cerri, suo amico e collaboratore per mezzo secolo.
Al rientro in Italia Arigliano viene lanciato dalla televisione nell’inverno 1957/58 quando, nella commedia "Tunnel", canta One For My Baby, guarda caso un capolavoro di Sinatra, che darà anche il titolo al suo primo 45 giri EP a quattro pezzi, con un altro gioiello sinatriano (All The Way) e due pezzi dal mondo del rock, Don’t Forbid Me di Pat Boone e Sixteen Tons di Tennessee Ernie Ford, tanto per chiarire il senso del ‘tutto tondo’ di cui parlavamo.
Nicola Arigliano sarà però anche intelligente interprete della più nobile canzone italiana moderna, iniziando con Simpatica – dalla commedia musicale di Garinei e Giovannini Buonanotte Bettina – e proseguendo con I Sing Ammore, Permettete Signorina, Venti Chilometri al Giorno, My Wonderful Bambina, I Love You Forestiera e Un giorno ti dirò, vecchio brano rugiadoso del 1943 di Meme Bianchi che lui saprà rendere contemporaneo; magistrale sarà anche il suo apporto nelle ballads, fra cui citiamo solo Amorevole, resa dal cantante con tanta profonda aderenza a testo e melodia che neanche Mina riuscirà a strappargli il brano.
Per molti di noi, da ragazzi, Arigliano era il volto che pubblicizzava un noto digestivo, del quale sarà testimonial, pur con delle pause, per quasi vent’anni; proprio le scenette pubblicitarie di Carosello ce lo faranno amare come attore comico dalla verve frizzante e dalla mimica facciale impagabile.
Fra le sue esperienze di teatro ne citiamo una del 1972, Concerto da tre soldi, versione "ridotta"dell’Opera da Tre Soldi con l’attore Gianfranco Mauri e il pianista Gaetano Liguori, figura di punta del jazz avanzato italiano e figlio del batterista Pasquale "Lino" Liguori con cui Arigliano s’era esibito quindici anni prima nei locali notturni, ulteriore riprova dell’abilità da parte del cantante di fungere da ponte fra generazioni diverse rimanendo però sempre se stesso.
Fino alla fine di un’attività prodigiosamente intensa – l’ultima sua esibizione risale al 2007 nella sua nativa Squinzano, in provincia di Lecce – Nicola Arigliano non ha mai perso la sua voglia di far musica, di swingare senza fermarsi, riuscendo a diventare davvero un uomo per tutte le stagioni.
We love you, Nicola!