“Non si può dire che ci siamo sciolti, diciamo che le cose della vita ci hanno fatto ritirare dall’attività”, dice con una gaia risata Marina Valmaggi. Gli Zafra erano un pezzo importante della vita di questa insegnante romagnola e di molti suoi amici e compagni di musiche: tra gli anni Settanta e Ottanta questa formazione dedita alla riscoperta del patrimonio musicale sudamericano aveva inciso due dischi, “Cicatriz” e “Grazie alla vita”, realizzando tournèe e progetti importanti, e poi… era pressoché sparita. Evaporata. Nascosta.



Come mai? Dove erano finiti gli Zafra? “Non è stato per motivi di disaccordo artistico, bensì per più comprensibili motivi di vita quotidiana: la nascita dei figli, il lavoro, l’impossibilità di rispondere a richieste sempre più importanti di spettacolo… Insomma non ce l’abbiamo più fatta e proprio nel bel mezzo del cammino, ci siamo ritirati”. Ma ora qualcosa torna a palpitare: giovedì 15 aprile a Cesena, al teatro Verdi, gli Zafra ritornano in scena con uno spettacolo dedicato alla musica brasiliana, “La Ruota del Samba”. Ne abbiamo parlato con la Valmaggi.



Il ritorno degli Zafra è sulle note e sui ritmi del samba: perché questa scelta? “La sollecitazione ci è venuta implicitamente da padre Pigi Bernareggi che ha proposto alla gente delle favelas una serie di dialoghi sull’importanza del samba nella cultura brasiliana. In realtà i media usano il samba come strumento di evasione, a volte con forti sfondi erotici, infiltrato da musica nord-americana”.

E invece? “Beh, il nostro amico Pigi ha raccontato un’altra storia: il samba viene dalla cultura delle genti dell’interno, che inurbandosi ha portato la sua sensibilità, i suoi racconti e i suoi ritmi nelle grandi città. È qui che sono nati i poeti di favela, qui sono nate canzoni stupende, drammatiche e insieme illuminanti. Proprio mostrando questo percorso, Pigi ha iniziato a dire alla gente di favela: “nel samba ci sono le vostre radici, non dovete lasciarle cancellare, continuate ad esprimerle e a cantarle”.



Scusa Marina, proviamo a capirci: conosciamo il samba sostanzialmente come un ballo godereccio, invece stai dicendo che è più che altro canzone, parola cantata? "Esatto! Samba non è prima di tutto un ballo, è canzone, è un universo di musica; nasce come canto in compagnia e poi diventa di tutto…".

Così vi siete mossi seguendo il sentiero implicitamente segnato da un sacerdote… "Si, e stiamo parlando di uno che è in Brasile da oltre quarantacinque anni e che sa bene di cosa parla. Anzi il nostro spettacolo prende l’avvio proprio dal lavoro fatto da padre Bernareggi che ha selezionato circa 25 samba, di autori noti o di sconosciuti, che la gente canta nelle favelas e che hanno un grado di radicamento popolare del tutto particolare".

E qui dunque arriviamo allo spettacolo che presentate a Cesena. Si intitola "La ruota del samba": perché questo titolo? "È un po’ l’antica metafora della ruota come senso della vita che scorre. La Ruota è un percorso di sentimenti, religiosità, protesta, abbandono, amore…"

Anche religiosità? "Assolutamente si, perché il samba esprime un modo di guardare il mondo con occhi diversi, è ricerca dell’infinito. Ad esempio interpretiamo Sei là, Mangueira, dove si parla di una favela di povertà impressionante, ma che viene paragonata a un pezzo di cielo sulla terra. La vita non è solo quello che si vede e la religiosità espressa in certe canzoni è quella di uno sguardo differente…".

 

Spiegaci perché Zafra esordisce con "A banda", di Chico Buarque… "Era inevitabile iniziare con uno dei brani più famosi del patrimonio brasiliano e questo è perfetto. Forse, poi, è una sorpresa sapere che la banda di cui si parla è quella che arriva in una favela, la attraversa e tutta la gente di colpo si riprende dalla propria sofferenza…".

E gli altri titoli scelti per lo spettacolo? "Alcuni sono dei classici, come Berimbau, di Vinicius de Moraes e Baden Powell, altri sono dei tradizionali popolari, come l’Ave Maria finale, una canzone che accompagna le processioni di tutto il Brasile. E poi c’è una canzone che era stata interpretata in Italia da Endrigo, la stupenda Samba da bênção, anche questa firmata da Vinicus e Powell, che racconta come il samba sia vita, cuore, ritmo, dolore, tristezza: “Ma se vuoi dare a un samba la bellezza/ hai bisogno di un poco di tristezza/ se no non è bello un samba, no/ Il buon samba è una forma di preghiera/ samba è la tristezza fatta danza/ tristezza che ha sempre la speranza/ di non essere triste prima o poi”. È questo il decalogo del Samba!

Uno spettacolo sul samba, tra canti e letture, chitarre e voci, omaggi a Jobim e Joao Gilberto… Sii sincera: si apre una nuova stagione per gli Zafra? "Per iniziare vogliamo curare al massimo questo nostro ritorno, il cui incasso andrà a una onlus creata per sostenere gli asili nelle favelas. Vogliamo dare il massimo per questa "Ruota del Samba". Quel che verrà dopo, non lo sappiamo di certo noi. Comunque mai dire mai, ovviamente…