È un giorno del 1969 quando un elicottero atterra nella proprietà di quella che è una delle massime personalità della musica americana, seconda probabilmente solo a Elvis Presley. Il ranch nelle cui proprietà atterra l’elicottero è quello di Johnny Cash e a bordo c’è un collega autore di canzoni ancora sconosciuto che per sbarcare il lunario fa il pilota di elicotteri, dopo essere stato capitano dell’esercito degli Stati Uniti. Si chiama Kris Kristofferson ed è arrivato fino a lì a compiere quel gesto temerario per lasciare a Johnny Cash il provino di una sua canzone, nella speranza che la incida. Succederà davvero così, e il brano in questione, Sunday Mornin’ Comin’ Down, sarà solo uno dei tanti successi della futura carriera di Kris Kristofferson. Il quale, di origine svedese, nato nel 1934 da una famiglia di militari, aveva cominciato a scrivere canzoni già a metà anni Sessanta, finendo a Nashvile, la “music city” d’America per eccellenza.



Era andato a lavorare come inserviente alla Columbia Records e nel 1966, proprio a Nashville, si era trovato negli stessi studi dove Bob Dylan stava incidendo il suo massimo capolavoro, il disco “Blonde on Blonde”. Segni del destino, quello di Bob Dylan, e voglia di forzarlo questo destino, quello della incursione a casa di Johnny Cash. Ma episodi che illuminano il percorso di una stella che sta per nascere. Citando uno dei film di cui sarà protagonista, “A star is born – È nata una stella”, è il 1970 quando nasce la stella di Kris Kristofferson. È in quell’anno che esce il suo primo album, intitolato appunto con il suo nome. Dentro, una manciata di canzoni che ridefiniscono il volto della canzone d’autore americana, coniugando la tradizione della musica country con testi che fanno riferimento invece alla nuova America, quella di hippie, sbandati, vagabondi e sognatori.



 

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Kris Kristofferson lo sa fare con capacità unica, la voce profonda e riflessiva simile a quella di Cash, il senso della melodia purissima. Ecco allora canzoni come Me and Bobby McGee, incarnazione perfetta del sogno americano, quello di una libertà on the road senza meta, ma anche senza  compimento, che Kristofferson, a dimostrazione della sua abilità di compositore, scrisse per scommessa con il presidente della sua casa discografica. “Vediamo se riesci a scrivere una canzone in 24 ore, prendendo come spunto il cognome della mia segretaria” (che si chiamava in realtà Bobby McKee). Ci riuscì, e se l’episodio toglie un po’ di poesia a un brano che è invece poesia pura, la versione che ne incise Janis Joplin, allora fidanzata di Kris Kristofferson, diventa un numero uno in classifica in tutto il mondo e fa nascere appunto una stella.



Quella di Janis, invece, di stella, si spegne poco dopo: muore proprio in quel 1970, stroncata dall’eroina, lasciando Kristofferson a incidere altri straordinari dischi di country fuorilegge, diventando un attore di successo (i film “Pat Garrett & Billy The Kid” diretto da sam Peckinpah, manifesto del western crepuscolare e disperato; "Alice non abita più qui" di Martin Scorsese, ispirato alle stesse canzoni di Kris, e “È nata una stella”, con Barbra Streisand, fra i tanti). Le canzoni di questo songwriter raccontano la solitudine, l’esistenzialismo, l’amore sfuggevole e casuale che si vive lungo la strada, storie di perdenti accomunati dal vizio della bottiglia e dal cuore infranto. Romantrci e perdenti, l’opposto degli hippie speranzosi di pochi anni prima. ma molto, molto più realisti. Un immaginario che come sempre in questi casi nasce appunto dalla realtà, quella dello stesso Kristofferson e di altri come lui, alcolizzati per lunghi anni e incapaci di relazioni stabili, sbandati alla ricerca del sogno americano. Proprio come Bobby McGee.

 

 

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Di Kris Kristofferson esce adesso anche in Italia un interessante e affascinante cd intitolato “Please Don’t Tell Me How the Story Ends, 1968-1972” distribuito nei negozi da Goodfellas. È un disco che raccoglie le primissime incisioni di Kris, versioni demo e alternative di brani che sarebbero apparsi poi nei suoi primi dischi. Il cd si apre proprio con una formidabile versione di Me and Bobby McGee, scarna e intimista. Una versione da brivido, quella che probabilmente ascoltò Janis Joplin per ispirarsi a incidere la sua hit. In tutto, sedici registrazioni di brani mai pubblicati prima, in queste versioni tra cui altri fondamentali del cantautore come Please Don’t Tell Me How the Story Ends, Come Sundown, If You Don’t Like Hank Williams.

Tutte incisioni che permettono di guardare nelle pieghe nascoste di una carriera ancora sul nascere. Certo, non è il disco per chi non ha mai ascoltato Kris Kristofferson, perché potrebbe suonare ostico nella sua grezza informalità, ma per chi vuole entrare nell’intimità di uno studio di incisione dove veramente stava nascendo una stella, è un disco imprescindibile. Arricchito poi dalla splendida confezione con un libretto interno di 60 pagine che contiene un ritratto dell’artista e il pensiero di colleghi illustri come Merle Haggard. Ogni canzone è poi raccontata dallo stesso Kristofferson che spiega con anedotti la genesi.

 

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Kris Kristofferson sarà in concerto per la prima volta in Italia il prossimo 22 luglio. Strano a dirsi, ma non era mai stata invitato. Non tanto strano, pensando come la country music sia qualcosa di quasi sconosciuto nel nostro Paese, anche se ovviamente Kristofferson è ben di più che un artista country. Ma in fondo neanche un gigante come Johnny Cash è mai venuto a suonare in Italia. Alla bella età di 75 anni, Kristofferson si esibirà il 22 luglio al Castello Sforzesco di Vigevano, nell’ambito della rassegna “Dieci giorni suonati” che proporrà altri talenti come ad esempio Al Jarreau o ZZ Top.

Kristofferson si esibirà in completa solitudine, chitarra acustica, voce e armonica, per una serata che già si annuncia come evento. Una delle ultime occasioni per incontrare uno di quei talenti che hanno segnato la storia della cultura popolare del Novecento. E per inseguire un’ultima volta il sogno americano. Insieme a Bobby McGee.

 

 

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