L’Italia è un paese pieno zeppo di festival: vero! Tutti questi festival hanno programmi eccezionali: falso. Capiamoci: non ci sono in giro autentiche sole, però non tutti i cartelloni di spettacolo “valgono la pena”. Uno di quelli per cui affrontare il caldo torrido di questo week end è sicuramente il Brianza blues festival, prima edizione di un cartellone musicale destinato a farsi fedelissimi appassionati se confermerà anche nel futuro lo standard artistico di quest’anno.
Il Brianza blues festival ha scelto di dividere tematicamente le sue tre giornate musicali. Così la prima serata (16 luglio) è dedicata al blues italiano con la presenza del Distretto 51, la band di rhythm’n’blues del ministro Maroni e di uno dei padri del blues italico, l’indimenticabile Fabio Treves con la sua band (uno dei pochi che in Italia non ammaina la bandiera del sound del Delta).
A chiudere lo show della prima giornata ci sarà Davide Van De Sfroos che potrà non essere strettamente blues nelle sue scelte musicali, ma è senza dubbio legato al genere per via del suo radicamento alla terra e delle sue passioni verso il folk-blues dylaniano.
Saranno nomi di lusso della scena internazionale, invece, i protagonisti della seconda serata. A partire da quello di Matt O’Ree e della sua band, uno dei chitarristi più in vista della scena rock’blues americana. Nato nel New Jersey a due passi dai luoghi di Springsteen da famiglia irlandese, Matt viaggia per i quarant’anni e si nutre del sound di Hendrix e Albert King, Stevie Ray Vaughan e Rory Gallagher (sangue irlandese non mente).
La sua chitarra è tra le più quotate del pianeta e le sue esecuzioni di Red House, I’ll play the blues for you e Cold shot non hanno nulla da invidiare agli originali.
In tema di “original”, il buon Matt lascerà il palco nientemeno che alla Blues brothers band in formato epico e commemorativo.
Guidata ormai da anni da Lou Marini, la band che ha accompagnato per anni Dan Aykroyd e John Belushi quest’anno ha un compito particolare perché ricorre proprio in queste settimane il 30° anniversario dell’uscita sul grande schermo del film di John Landis diventato leggenda (il film uscì nei cinema americani il 20 giugno 1980).
Tra Sweet home Chicago e Give some loving, la band lascerà il palco per il finalone della seconda serata ad un nome storico, quello di Solomon Burke, the bishop of rock’n’soul, l’ultimo mito vivente (insieme ad Aretha Franklin) degli anni d’oro della soul music.
Solomon, settantanni, aveva iniziato la sua carriera negli anni d’oro di Muscle Shoals, di Otis Redding e Wilson Pickett, ed è un interprete senza confronti sia per la stazza (e infatti si esibisce su un trono che lo sorregge comodamente), che per l’eleganza (in scena sempre in perfetto completo giacca e cravatta, nonché con rose che gli vengono fornite dai suoi musicisti) che, soprattutto, per la voce indimenticabile e per un set nel quale alterna successi dei tempi d’oro – da Everybody need somebody e Proud Mary, da Having a party a Cry for me – alle canzoni più recenti del suo disco-capolavoro Don’t give up on me.
L’ultima performance, prevista per il 18 luglio, vedrà i battenti aprirsi sullo spettacolo creato dal giornalista musicale Enzo Guaitamacchi e dedicato alla storia della rock-music, per arrivare allo spettacolo dell’Experience Hendrix Tour, un carrozzone guidato da Billy Cox (bassista per Jimi ai tempi della Band of Gypsies, cioè nel 1970, quando alla batteria sedeva Buddy Miles).
Il tour è un cocktail bizzarro di standard hendrixiani in compagnia di Cox e di tre chitarristi talentuosi come l’ex rollingstone Mick Taylor (soprappeso, ma profondamente blues fino al midollo: non a caso ha lasciato la macchina da soldi dei Jagger-Richards …), l’ex scorpions Uli Jon Roth (uno sperimentatore della sei corde, a cavallo tra hard-rock e suoni sinfonico-progressive) e Sonny Landreth.
Quest’ultimo, soprattutto, è uno dei più grandi chitarristi viventi: virtuoso della slide, vive in Louisiana, ha lavorato (tra gli altri) con John Hiatt e Eric Clapton e – da solo – vale la spesa del biglietto del festival (basterebbe dare l’orecchio a dischi come “South of I-!0” e “Live at Grant street” per entrare in sintonia).
Inutile forse dire che le serate terminano ognuna con una jam session in perfetto american-style e che le giornate comprendono anche le esibizioni dei tre vincitori del contest del Brianza blues festival (per orari, biglietti, contatti, location e parking meglio dare un’occhiata al sito ufficiale: brianzablues.it).