TREVIGLIO BLUES FESTIVAL – La quarta edizione del Treviglio Blues Festival, organizzata congiuntamente da Geomusic e dall’Assessorato alla Cultura, ha ormai saldamente piantato la cittadina della Bassa Bergamasca sulla mappa del blues (quest’anno c’erano appassionati giunti perfino da Genova!).

Già gli anni passati avevano visto personaggi quali Fabio Treves, Jerry Portnoy, Andy Forest e Louisiana Red, il quale l’anno scorso, incantato dal chiostro trecentesco del sempre accogliente Centro Civico Culturale dove si svolge la rassegna, suonò in solitudine per un’ora e quaranta minuti invece dell’ora prevista.



Stavolta, lo scorso 17 luglio, la chiusura è toccata a Eric Bibb, un mito del blues moderno, per la prima volta in Bergamasca: Eric, la cui immagine accoglieva gli spettatori dai manifesti della rassegna, ha dietro di sé una storia ricca e varia, se pensiamo che suo padre era nel giro del folk-revival degli Anni Sessanta, il suo padrino era il grande cantante Paul Robeson, quello di Old Man River, un suo amico di famiglia con cui a undici anni suonava in duo era Bob Dylan (il quale gli consigliò di “lasciar perdere quella roba da fighetti” quando suonava), e suo zio era il grandissimo pianista Jazz John Lewis.



Eric Bibb, va detto, vive quest’articolata storia familiare con la massima semplicità, al punto che gli aneddoti su amici e parenti musicisti gli escono di bocca in modo del tutto naturale, come quando parlandomi di suo zio pianista mi ha detto: «Quando lui ascoltò per la prima volta Charlie Parker alla radio, disse subito “Questa è la musica che voglio suonare!”».

 

Eric Bibb, solo sul palco con la sua chitarra e la voce, sa imporsi coi mezzi più semplici, la ricchezza ritmico-armonica della sua chitarra, ma soprattutto la sua voce dal timbro luminescente, capace di suggerire fremiti sottopelle e di far vibrare i testi più usuali e le melodie più canoniche, ma tenendo sempre tutto sotto controllo, senza esagerazione alcuna, come nella più autentica tradizione dei grandi bluesmen; inoltre, i suoi testi sono lo specchio diretto della sua limpida anima, in grado di guardare il mondo com’è rifiutandosi di cedere allo sconforto ma proponendo messaggi positivi.



Il repertorio dell’esibizione trevigliese ha spaziato da omaggi ai grandi del genere (l’iniziale Going down slow di St. Louis Jimmy o la conclusiva I heard the angels singing del Reverendo Gary Davis) fino agli originali di Eric, davvero degni di stare al pari dei classici, come le fascinose ballate Connected e For You, quest’ultima offerta come bis a un pubblico davvero coinvolto, che ha ascoltato con silenzio davvero rispettoso e ha applaudito poi con grande entusiasmo, suscitando in Eric una reazione di compiaciuto e divertito legittimo orgoglio.

In apertura il sardo Francesco Piu, noto principalmente come chitarrista di Davide Van Der Sfroos, ha presentato quattro brani confermandosi chitarrista pieno di verve e grinta, senza pause e rivelandosi anche cantante di bella misura e varietà; la sua esibizione introduceva degnamente quella di Eric, che lo ha anche complimentato dal palco, quasi a dimostrare la possibilità aperta a chiunque di ritrovarsi con animo puro sotto il grande cielo del blues.