Sta diventando un appuntamento abituale, quello che il giornalista Walter Gatti organizza ormai da due anni al Meeting di Rimini. Questo, per l’esattezza, è il terzo della serie. Stiamo parlando delle presentazioni dei suoi libri, quelli della collana “Educare con la musica” della casa editrice Itaca. Dopo “Help! Il grido del rock, domanda, utopia e desiderio nelle canzoni che hanno fatto epoca” e “Cosa sarà, la ricerca del mistero nella canzone italiana”, quest’anno al Meeting è stato presentato il terzo volume della collana, “Amazing Grace, Canzoni e storie di gospel, blues, soul & folk music”. Come sempre, Walter Gatti è il curatore e ideatore dei vari volumi, e come sempre si è circondato di una valida squadra di professionisti. Questa volta i co-autori rispondono ai nomi di Riro Maniscalco, Walter Muto e Stefano Rizza, già con Gatti anche nei precedenti episodi.
L’introduzione è a cura di Marina Valmaggi, storica voce, autrice e ideatrice del gruppo vocale Zafra, uno dei massimi punti di riferimento della riscoperta del patrimonio musicale popolare sudamericano negli anni 70. Marina Valmaggi, accompagnata dalla sorella Guya e dal cantautore Angelo Casali, con lei anche negli Zafra, è una degli ospiti che sono saliti sul palco durante la presentazione di “Amazing Grace” qui al Meeting. Insieme a lei, altri ospiti del panorama musicale italiano: Raffaella Zago, Alfredo Minucci, Leandro Barsotti e Massimo Priviero.
Abbiamo incontrato alcuni di questi ospiti, per farci raccontare della loro presenza al Meeting e del significato di questi libri dell’editore Itaca. La prima è stata ovviamente Marina Valmaggi. Nell’introduzione ad “Amazing Grace”, la Valmaggi scrive che “il canto popolare resiste al tempo e resiste ai potenti. Resiste alla mercificazione e alle lusinghe dello star system”. Anche oggi, in pieno terzo millennio e in era di talent show televisivi che sfornano star e stelline a gettito continuo? “Ho cominciato a dedicarmi alla musica” dice Marina “perché desideravo che la musica liturgica fosse fatta con amore alla bellezza. Che fosse fatta bene. Erano gli anni 60, e già si assisteva in chiesa, durante le liturgie, a un abbassamento della cura e della dedizione con cui si eseguivano i canti. Si introducevano musiche rock. Il risultato era triste e brutto”.
Questa passione al bello ha guidato tutta l’esperienza artistica di Marina Valmaggi, oggi fondatrice e responsabile di una casa di edizioni musicali che pubblica anche dischi di musica popolare, sacra e di cantautori. “Gli Zafra nacquero come tentativo di proporre un patrimonio, quello popolare sudamericano, in un momento storico particolare, gli anni 70, quando visioni ideologiche si impadronivano un po’ di tutto, anche della musica. Noi avemmo reazioni estremamente positive, ricordo i discografici di una grande major che ci coprirono di complimenti, ma ci dissero che non potevano pubblicare i nostri dischi perché non seguivano le mode dell’epoca. Però, ci disse uno di loro, invidio la vostra libertà, quella di fare le cose che più amate”.
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Leandro Barsotti ha cominciato la sua carriera negli anni Novanta. Nel 1996 si presentò al festival di Sanremo cogliendo un buon riscontro, pubblicò diversi dischi poi è passato al giornalismo a tempo pieno anche se continua a fare puntate nel mondo musicale. Il suo ultimo lavoro discografico è una raccolta di canzoni del francese Serge Gainsbourg, “Il jazz nel burrone”, tradotte in italiano. Come mai? “Gainsbourg è stato molto importante, un artista che ho molto amato, mi sono voluto togliere uno sfizio, quello di provare a tradurlo in italiano e di affrontare musiche jazz, io che vengo dal mondo della musica pop”.
Musica pop, jazz e canzone d’autore: cosa resta di tutto ciò nel panorama musicale di questi anni Duemila? “Ben poco” risponde Leandro. “Se è vero che la canzone è lo specchio di quello che vivi, quello che assorbi dal mondo di fuori, oggi c’è ben poco da raccontare e da assorbire. C’è un grande vuoto nella società di oggi, e i giovani assorbono il vuoto. Certo, qui siamo al Meeting, un contesto ricchissimo di valori e di esperienze, ma il Meeting è come un’oasi felice in un deserto che ci circonda sempre di più. Se devo citare un nome di un artista italiano contemporaneo, cito il gruppo Le luci della centrale elettrica, credo abbiano qualcosa di valido da comunicare”.
Massimo Priviero, infine, una delle prime vere voci rock che ha cercato di mettere insieme nella canzone italiana forza elettrica e linguaggio poetico. Cosa lo ha portato al Meeting? “L’amicizia e il rispetto nei confronti di Walter Gatti, che l’anno scorso ha incluso una mia canzone nel volume dedicato alla canzone italiana. Sono sempre stato contrario ai premi e alle citazioni ridondanti, ma quando questi sono fatti con onestà e sincerità, allora diventano una cosa positiva”. Massimo Priviero ha recentemente portato in giro uno spettacolo di musica e teatro, dove le sue canzoni si alternano a racconti sull’epopea degli alpini nella Seconda guerra mondiale, un tema a lui molto caro. E’ questo il futuro della canzone italiana? “C’è chi ha detto che è più rock parlare di alpini che di altre cose. A me interessa collegarmi alle storie di quella gente umile e dimenticata che nella sofferenza ha portato avanti dei grandi valori".
Quali valori? "I valori che io ho sempre cercato di mettere nelle mie canzoni. Il titolo di questo Meeting parla di cuore, nel cuore di Priviero c’è lo stesso desiderio, quello che certi valori non vadano dimenticati. La musica più bella e significativa, come ci hanno insegnato i grandi della canzone americana, è stata quando rock e poesia hanno trovato un punto di equilibrio. E’ questa la strada da percorrere per la canzone italiana”. Più tardi, dal palco, Massimo Priviero, colpito dalla calda accoglienza del pubblico, lo saluterà con questa frase: “Il mondo del rock’n’roll in Italia non capisce perché io parli del mio percorso di cristiano. Qualcuno mi ha chiesto perché venivo al Meeting. Per il bisogno che ho di dare una risposta al mio, al loro bisogno di cristianesimo”.