Ci lamentiamo sempre, quando in Italia si parla di servizio pubblico, delle carenze di mamma Rai: la Rai che dovrebbe fare cultura in tv e non la fa, che insegue gli ascolti come una rete commerciale, che non rende onore agli oltre 16 milioni di cittadini paganti il canone… E mamma Rai stavolta ha risposto: prudente, guardinga, fuori periodo di garanzia, ma pur sempre aprendo su Raiuno la prima serata autunnale con una doppietta di eventi che è difficile rubricare sotto la categoria di tv commerciale: i “Promessi Sposi” in musical il 1 settembre e “Rigoletto” live da Mantova il 4 e 5 settembre.



Il direttore generale Masi l’ha messa così: “Qualificano con chiarezza l’impegno concreto della Rai per la programmazione di qualità… una sfida esaltante che prescinde da considerazioni di audience… conciliare l’approfondimento culturale con il palinsesto di una grande televisione popolare”. Retorica? Mani avanti per giustificare ascolti per Raiuno non certo gratificanti? Pensatela come volete, ma poi non state a lamentarvi che la Rai non fa fino in fondo il suo dovere.



E poi: 2 milioni e 600 mila telespettatori per Verdi vi sembran pochi (una platea da 200 Arene e 1300 Scale a tutto esaurito, ha contato l’autorevole critico Angelo Foletto)? E oltre 2 milioni per la storia più nota della nostra letteratura, quella di Renzo e Lucia, in versione pop? I critici qui hanno storto il naso. Quel Guardì che c’entra con Manzoni, come si è permesso di metterci su le sue mani di televisionista di massa, volgari per statuto…

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No, Michele ha fatto quel che sognava di fare da una vita: trasformare in pop il più bel romanzo della nostra letteratura. Libretto e musica (chi scrive era presente allo stadio di San Siro alla prima) erano all’altezza, il cast appropriato, scenografie e costumi bellissimi. La sua presunzione, semmai, è stata di voler strafare, dominando anche in regia tv una materia che aveva già coordinata fino all’ultimo particolare. Sognava un “Moulin Rouge” sul ramo del Lago di Como, ma forse il suo solidissimo mestiere di popolare regista da studio non è bastato.



Troppi stacchi da ascolto minuto per minuto, troppe poche prove video, troppa carne al fuoco. Mancava esattamente quel che invece hanno concesso la Rai e Andrea Andermann a Marco Bellocchio e Vittorio Storaro per il “Rigoletto” in mondovisione da Mantova. Settimane e settimane di prove, una partitura televisiva accuratamente scritta sulle orme di quella verdiana, luci studiate al millimetro, inquadrature provate e riprovate.

Oltre che ai precedenti andermanniani Rai di “Tosca” e “Traviata”, abbiamo ripensato ai recenti esperimenti di Arte, la rete tv culturale franco tedesca che si è inventata una bellissima “Traviata” alla stazione di Zurigo e una postmoderna “Bohème” nella banlieu popolare di Berna. Esperimenti diversi, certamente in apparenza televisivamente più “moderni”, ma l’intuizione di Rai e Andermann di continuare a coniugare il nostro grande patrimonio musicale con quello museale che il mondo ci invidia non è certo da meno.

Il pubblico, va ricordato, si è dimostrato moderatamente infedele: è sceso da 2 milioni e 600 mila a 1 milione e 250 mila. Però, a dirla tutta, il gran finale si è mangiato, per una volta, il pubblico della Domenica Sportiva. Scusate se è poco.