È il 1739 quando Bach dà alle stampe la terza parte del Clavier-Übung (Esercizi per tastiera), monumentale raccolta in cui, attraverso un filo che si dipana in 27 brani (tanti quanti sono i libri del Nuovo Testamento), l’autore percorre, sulle orme di Lutero, i Misteri principali della fede cristiana, con un rigore e nel contempo con una partecipazione commossa che hanno pochi uguali nell’intera storia dell’uomo.
In particolare vogliamo offrire al lettore, come viatico per l’anno appena iniziato, i due estremi della Partitura: il Preludio e la Tripla fuga in Mi bemolle maggiore BWV 552.
L’oggetto della riflessione bachiana è evidente: il principio e la fine di tutte le cose, la Trinità come sorgente e come approdo definitivo dell’universo.
È impressionante come un’opera in cui la simbologia numerica e figurale ha tanta parte possa essere contemporaneamente palpitante di vita e profondamente, intimamente connessa con la verità ultima dell’uomo e del suo destino.
A partire dai tre bemolli in chiave Bach allestisce una serie di rimandi musicali espliciti alla natura trinitaria del Dio cristiano che costituiscono l’ossatura e l’intima sostanza dell’intera composizione.
L’esordio [I – 0’03”] è grandioso: un’imponente perorazione musicale in cui il ritmo puntato (tipico delle composizioni barocche scritte per onorare un Re) allude evidentemente alla prima Persona della Trinità, il Padre, Re dell’universo.
La gloria di questa figura musicale sembra pervadere l’intero campo acustico riempiendoci di entusiasmo e di reverenza. Di fronte a tanta grandezza la nostra piccolezza tace, sopraffatta dallo stupore.
Bach: Preludio in Mi bemolle Maggiore BWV 552 Karl Richter, organo
Tra le pieghe del discorso musicale si nasconde però un ulteriore elemento che fornisce coesione all’intera composizione. Si tratta della voce superiore delle prime due battute che, schematicamente, contiene questo materiale musicale:
L’elemento che sta dietro e sotto questo primo tema è dunque una sequenza di sei note discendenti (con il salto d’ottava indicato dalla lettera A) che, come vedremo, informeranno di sé gli altri temi del Preludio e della Fuga.
Dopo una serie di poderose progressioni armoniche, improvviso un nuovo tema si offre all’ascolto [I – 1’23”]. La semplicità (vorremmo dire l’umiltà) del tessuto musicale e la ripetizione dello stesso materiale con due sfumature dinamiche diverse (prima forte e poi piano) alludono evidentemente al Figlio, alla sua incarnazione e alla sua duplice natura umana e divina.
Gettando uno sguardo più attento scopriamo che anche qui è in azione quel principio pre-tematico costituito dalle sei note discendenti, variate nella loro posizione ma sostanzialmente riconoscibili (do-sib-la-sol-fa-mib).
La consustanzialità di Padre e Figlio è dunque mirabilmente raffigurata da una musica in cui anche la mitezza operosa delle figurazioni allude all’Amore del Padre che si mostra nell’effigie di Cristo (“Chi vede me vede il Padre”).
Il ritorno del tema iniziale [I – 2’07”] sottolinea ancora una volta la dimensione paritetica di Padre e Figlio. Un nuovo, aereo tema si presenta poco dopo [I – 2’54”]: è lo Spirito Santo, il “Creator Spiritus” che vivifica l’universo.
Anche qui, attraverso un sapiente gioco di variazioni, è presente l’elemento “sotterraneo” costituito dalla scala discendente, estesa in questo caso all’intero range dell’ottava do’’’’ -do’’’. Padre, Figlio e Spirito Santo sono così, anche musicalmente, una sola Sostanza in tre Persone.
Ancora una volta poi, al di là del simbolismo, Bach riesce a donarci, nella ghirlanda di suoni in perpetuo movimento del terzo tema, un’efficacissima immagine dell’irraffigurabile Spirito che sempre anima il creato con la potenza di Dio.
Il seguito è un ulteriore dipanarsi dei tre temi che si alternano e “dialogano” tra loro. Al ritorno del tema del Padre [I – 4’00”] segue il tema del Figlio [I – 4’31”] e, con una sostituzione rispetto al passo analogo dell’inizio, il tema dello Spirito Santo [I – 5’13”] che “per l’universo penetra e risplende” attraverso una lunga digressione musicale che sfocia gloriosamente nella conclusiva ripresa del tema iniziale [I – 6’53”].
Con una complessa ed eloquente simbologia numerica, figurale e musicale Bach ci ha condotto attraverso i misteri di quella Natura increata e creante (incidentalmente vale la pena di sottolineare che tutti i temi del Preludio hanno una direzione sostanzialmente discendente quasi il Divino si “piegasse” dando origine all’universo) che, come insegnavano i filosofi medioevali, costituisce il presupposto eterno della Creazione.
Dopo l’illustrazione della Trinità come origine dell’intero micro- e macrocosmo, Bach passa, nella Fuga, a mostrarci Dio come fine dell’intera storia.
Il primo Soggetto (ovvero il primo tema della Fuga) ancora una volta raffigura, con la sua ieratica solennità, l’indefettibile potenza del Padre [II – 0’03”].
È facile notare come anche questo elemento musicale sia ricavato dal dato “originario” dell’intera composizione (difettivo del solo la bemolle) disposto qui in una nuova forma ascendente (sol-sib-do-re-mib).
L’espandersi progressivo del “dominio” del Padre sulla storia (come a dire “Dio tutto in tutto”) e quindi sull’intero ambito delle note dell’organo, raggiunge toni di pacata grandiosità e sfocia, senza soluzione di continuità, nel secondo Soggetto [II – 2’21”] che amplia la spinta propulsiva attraverso il dinamismo del Figlio, Parola eterna che vuole giungere “sino agli estremi confini della terra”. Come a dire “Cristo tutto in tutti”.
Di nuovo, sfrondando il tessuto musicale delle ripetizioni, l’intelaiatura delle altezze ricalca (con una direzione melodica opposta) l’elemento cardine dell’intera composizione (re-mib-fa-sol-la-sib) in un continuo gioco di unità nella diversità che è lontana eco del paradosso trinitario.
Con gesto quanto mai eloquente, dopo l’esposizione del secondo Soggetto in tutte le voci, Bach sovrappone i primi due temi [II – 3’10”] che mostrano così la loro perfetta concordia e la loro sostanziale unità.
Nel continuo vivificante zampillare del nuovo dal nuovo viene introdotto, sempre senza alcuna interruzione, il terzo Soggetto, quello in cui l’Autore raffigura lo Spirito di Vita [II – 4’01”].
L’intensificazione ritmica (ovvero la capacità di saturare lo spazio musicale e, metaforicamente, universale) presente in questo terso tema simboleggia perfettamente il fiammeggiante Spirito che pervade il creato.
Ancora una volta il Soggetto è interamente racchiuso in quella scala di sei note che, ormai è evidente, costituisce l’intima natura di ogni incarnazione tematica presente nel brano (do-sib-la-sol-fa-mib).
Anche qui, dopo l’ultimo ingresso del terzo tema, Bach introduce, al pedale, il primo Soggetto (il Padre) [II – 4’46”] che accompagnerà lo Spirito (ed una variante del secondo Soggetto, il Figlio) fino alla fine del brano, in un glorioso crescendo che suggella, come meglio non si potrebbe, il trionfale ritorno del Creato all’Amore del suo Creatore [II – 6’04”].
Quale augurio dunque potrò fare ai lettori in questi primi giorni del nuovo anno se non quello di desiderare, cercare ed infine, godere eternamente la compagnia di quella ineffabile Luce che la musica di Bach ci ha reso così umanamente familiare?
Bach: Fuga in Mi bemolle Maggiore BWV 552 Karl Richter, organo