Nasceva cent’anni fa (il 3 dicembre del 1911) Nino Rota, grande compositore poliedrico, noto soprattutto per le musiche dei film di Federico Fellini, ma dagli interessi e sfaccettature quanto mai varie, ancora in attesa di essere del tutto rivelate. A lui Google dedica oggi un Doodle in occasione dell’anniversario della nascita.
Nino, soprannome di Giovanni, nasce a Milano da una famiglia dove la musica è il piano quotidiano (Leggi “I primi passi”): lo zio Giovanni Rinaldi è compositore e pianista, bambino prodigio. È la madre Ernesta, eccellente pianista, ad avviarlo allo studio della musica attraverso un gioco di costruzioni musicale ideato dal Maestro Perlasca per invogliare i bambini allo studio del solfeggio. Dal gioco all’espressione di un talento musicale: così emerge l’indole e la propensione del piccolo Nino, che si potrebbe accostare a un altro grande bambino prodigio: Wolfgang Amadeus Mozart. All’età di quattro anni Nino Rota sa già suonare il pianoforte in maniera istintiva e già a otto anni compone. Il suo talento non rimane inosservato e l’enfant prodige varca la soglia del mondo accademico, preso come uditore da Giacomo Orefice nella propria classe al conservatorio. Intanto Nino Rota continua a scrivere e a formarsi frequentando spesso la Scala, in una Milano che offre molti spunti di cultura musicale. All’età di undici anni compone l’oratorio per soli, coro e orchestra: L’infanzia di San Giovanni Battista. Giovane irrequieto, Rota viene seguito da Ildebrando Pizzetti, che cerca di convogliare il talento impetuoso all’interno di un binario di conoscenze tecniche adeguate. Dopo due anni Pizzetti abbandona Rota che continua la sua formazione con un altro grande della musica italiana del ‘900, Alfredo Casella. In seguito, grazie all’interessamento di Arturo Toscanini che frequentava la sua famiglia, Rota si perfeziona al Curtis Institute di Filadelfia, occasione per approfondire lo studio di Ravel, Debussy, Stravinskij, Poulenc e, non ultimi, due straordinari autori di colonne sonore, Sostakovic e Prokof’ev. Scopre quindi Cole Porter e Irving Berlin,  e soprattutto Aaron Copland, la cui influenza sarà decisiva per portarlo verso il cinema e la musica popolare (leggi gli inizi del successo di Rota). Il ritorno in Italia non è facile, segnato da alcuni insuccessi. Ma nel 1939 Nino Rota vince il concorso per insegnante di Armonia e Contrappunto al conservatorio di Bari, dove più tardi sarà anche direttore, e riprende a scrivere. Inizia quindi una serie di collaborazioni che si rivelano più fruttuose, fino ad arrivare negli anni cinquanta al successo internazionale e ai due grandi eventi della sua vita: l’incontro con Eduardo De Filippo e con Federico Fellini. Il legame con Napoli e De Filippo si fa sempre più stretto, negli anni segnati da grandi composizioni: Napoli milionaria (1950), Filumena Marturano (1951), Marito e moglie (1952), Fortunella (1958), Lo scoiattolo in gamba (1959).



Mentre si avvicinano i grandi incontri con Visconti e soprattutto Fellini, compone Il cappello di paglia di Firenze (1955) su libretto scritto a quattro mani da Rota e dalla madre Ernesta, un successo internazionale. L’incontro con Fellini è del 1952, quando Nino Rota viene chiamato dal regista per il film Lo sceicco bianco. Un sodalizio grandioso che si interromperà solo con la morte del compositore. Tra le grandi opere di questo periodo ricordiamo: I Vitelloni (1953), La strada (1954), La dolce vita (1960), Rocco e i suoi fratelli (1960), Il gattopardo (1963), Otto e mezzo (1963). Da non dimenticare poi Romeo e Giulietta (1968) per la regia di Franco Zeffirelli la cui colonna sonora è stata premiata con il nastro d’argento, I Clowns (1970), Il padrino (1971) di Francis Ford Coppola, Amarcord (1973) di Fellini e Il padrino parte II (1974) la cui colonna sonora sarà premiata con l’Oscar (leggi “La poetica del Clown, la malinconia del Circo”).
Una carriera quanto mai varia che non può essere ridotta al ritratto bidimensionale di un compositore di motivetti per il cinema, come avverte sempre su queste pagine Enrico Raggi: “Al bando l’etichetta di “cinematografaro”, il ritratto dell’allegro e bonario inventore di motivetti, simpatico creatore di marcette e/o di scoppiettanti melodie vernacolari. La sua è una “musica senza virgolette”, eletta, estrosa, elegante, che commuove, stupisce, funziona perfettamente da sola, senza supporto di alcuna immagine, recando il sigillo del genio”.

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