Dieci anni fa l’industria della musica vedeva la presenza di cinque major e diverse etichette di media grandezza, una pluralità che consentiva la crescita di giovani artisti promettenti. Oggi, le etichette indipendenti si sono di molto ridotte e le major continuano a comprarsi tra di loro. La stessa cosa accade per gli editori.
L’11 novembre è giunta la notizia dell’acquisto di EMI Music da parte di Universal per 1,2 miliardi di sterline (ca 1,4 miliardi di euro) e dell’intenzione di Sony/ATV di comprare EMI Publishing a breve. L’acquisto dovrà essere approvato dall’Unione Europea, approvazione non così scontata date le dimensioni di Universal, la più grande società nel mondo in questo settore. Tuttavia, secondo gli esperti, la Universal insieme alla EMI Music non dovrebbe comunque superare la soglia critica del 40% di quota del mercato mondiale.
Vale la pena di ricordare che la stessa Universal era stata comprata nel 2007 da una società di investimenti, Terra Firma, per 4,2 miliardi di sterline (4,9 miliardi di euro al cambio attuale), venduta poi all’inizio dello scorso anno alla Citigroup, per passare infine all’attuale proprietario, la francese Vivendi. Oltre che nel mondo della musica con Universal, la società francese, che fino al 1998 si chiamava Compagnie Générale des Eaux, è leader mondiale nei videogame e leader in Francia nella pay-TV (con Canal +). Il gruppo conta più di 51.000 dipendenti nel mondo e ha fatturato nel 2010 28,9 milioni di euro.
Le prime reazioni del mondo della musica a questo ennesimo acquisto sembrano essere molto positive, ma non credo vi sia nulla di cui essere particolarmente contenti, a parte il fatto che viene così a cessare il periodo di incertezza e speculazione sul futuro di EMI. Si tratta però di una fine non tanto favorevole al mercato della musica in generale, perché la riduzione del pluralismo di etichette ridurrà anche le opportunità e renderà più difficile la crescita e l’emergere di nuovi artisti. Non ci si dovrà quindi stupire se l’immediato futuro del mercato discografico sarà dominato da protagonisti dei TV contest e beniamini delle major.
Per valutare in prospettiva il mercato della musica registrata, vale la pena di notare che nel giorno in cui un’etichetta simbolo come EMI Music veniva venduta, il videogame “Call of Duty: Modern Warfare 3” ha superato ogni record, vendendo nelle prime 24 ore di uscita per 250 milioni di sterline (circa 290 milioni di euro): il 20% del valore attribuito a EMI.
Questo dato è indicativo di un settore sull’orlo del collasso (o forse già collassato) e diventa sempre più chiaro che la musica ha perso il suo impatto emozionale, sociale e politico, ridotta quasi a un piacevole rumore di sottofondo mentre ci si concentra su altre attività più interessanti; come, appunto, giocare con i videogame.
E non si dica che è una questione di prezzo: Modern Warfare 3 è in vendita a 39 sterline (45,5 euro), cioè il prezzo di quattro album completi, e rimangono pure gli spiccioli per il caffè!
Alcune tappe del processo di concentrazione delle etichette:
1988-1998
Majors: 1. Warner; 2. EMI; 3. Sony; 4. BMG; 5. Universal; 6. Polygram
1998-2004
Majors: 1. Warner; 2. EMI; 3. Sony; 4. BMG; 5. Universal;
2004-2008:
Majors: 1. Warner; 2. EMI; 3. SonyBMG; 4. Universal;
2011:
Majors: 1. Warner; 2. Sony; 3. Universal.
(Peter DeBrando Chiesa)