DIRETTA – CONCERTO JAZZ – MAURIZIO CARUGNO QUARTET – OFFICINA DELLO STUPORE – Questa sera, alle ore 21.30, su Tele Pavia, andrà in onda “Allora è Jazz”. Un nuovo programma della durata di 45 minuti dedicato ai grandi protagonisti del jazz italiano e non solo, attraverso la loro musica e la loro testimonianza. Le trasmissioni sono state realizzate “live” all’Officina dello Stupore di Parasacco di Zerbolò (PV).
La puntata di questa sera vedrà salire sul palco dell’Officina dello Stupore il quartetto del sassofonista Maurizio Carugno, con Alberto Bonacasa al piano, Mariano Nocito al contrabbasso e Massimo Pintori alla batteria.
Di seguito Maurizio Carugno racconta ai lettori de IlSussidiario.net il valore della musica nella sua vita.
Caro Direttore,
ascoltare musica non è mai semplice e istintivo; un concerto lascia il segno quando sia chi suona che chi ascolta è obblligato a paragonarsi con il desiderio più profondo del cuore attraverso la musica.
Il jazz è soprattutto improvvisazione, musica creata nel momento in cui viene suonata, è un avvenimento, quindi, musicalmente parlando, un fatto sperimentabile mentre accade, desideroso di rispondere a una domanda oltre la musica stessa.
La musica o è espressione del cuore dell’uomo e comunicazione di un’umanità vera oppure diventa mero intrattenimento come ormai molta della musica che ci circonda. Leonard Berstein era solito dire una frase che per me è stata ed è un riferimento continuo: ”La vita senza musica è impensabile… la musica senza vita è accademia… ecco perché il mio contatto con la musica è un’abbraccio totale”.
Quando penso a come mi sono ritrovato dentro questa grande avventura del jazz, non posso non pensare agli incontri imprevisti con alcuni “grandi” di questa musica che hanno segnato la mia vita come Paul Jeffrey, Joe Diorio, Jerry Bergonzi e Hal Crook, persone eccezionali che hanno generato intorno a loro un’incredibile ricchezza.
Quello che continua a stupirmi ancora adesso a distanza di tanti anni è proprio questa loro “grandezza” che non è data dal fatto di essere più o meno famosi, ma dalla disponibilità a questo abbraccio totale di cui parlava Berstein, dalla bellezza e profondità presenti in loro e nella loro musica, dalla coscienza di appartenere alla storia viva del jazz e di essere testimoni, attraverso la loro dedizione e creatività, di qualcosa di più grande di loro e che in loro rivive attraverso uno spirito musicale innovativo.
Hanno tutto quello che anch’io desidero avere come uomo e come musicista: creatività e rigore, cuore e mente, capacità di sacrificio e desiderio di libertà. Amo questi musicisti e dall’amicizia con loro ho imparato che ogni nota ha il suo peso, un suo impatto, porta con sé la tradizione appresa con sacrificio e dedizione, il proprio contenuto di personale originalità esprimibile solo dentro una compagnia, dentro l’essere insieme in ogni attimo della musica e che la musica funziona se la si fa insieme.
Ho imparato che siamo noi stessi lo strumento al servizio della musica perché essa possa accadere, comunicarsi in tutta la sua bellezza. Per me il jazz è sempre stato la possibilità di vivere un’esperienza comune, di guardare insieme alla stessa cosa, di condividere una memoria comune e un amore per la tradizione viva e “last but not least” di avere una stessa passione che cementa un’amicizia e un gusto nel far musica insieme. I
l jazz è veramente musica d’arte perchè esprime il cuore di chi la suona, aiuta l’essere umano a confrontarsi con se stesso e a focalizzare la realtà, si rivolge a tutti nello stesso modo autenticamente umano in cui lo fanno i quadri di Van Gogh o di Edward Hopper.
Mentre i musicisti suonano è importante capire su che cosa conviene porre la propria attenzione (cuore, mente, affezione) mentre lo si ascolta. Il jazz ha caratteristiche simili al linguaggio parlato. Noi mentre suoniamo parliamo, dialoghiamo, ci scambiamo idee.
Si ricava reale godimento dall’ascolto del jazz quando si è in grado di entrare nella dinamica interna di una jazz band, comprendendone la particolare concezione ritmica e accorgendosi della dimensione di costante avvenimento imprevisto che rende questa musica viva e comunicativa (prima non c’e e dopo sarebbe diversa).
Il jazz, proprio perché musica popolare (basti pensare ai film di Walt Disney, dove è sempre stata presente, non solo perché a lui piaceva ma soprattutto perché era la musica più diffusa e ascoltata in America), non è mai stata né vuole essere musica per gli addetti ai lavori, tuttavia, nel mondo in cui viviamo, anche la più popolare tra le espressioni artistiche può diventare elitaria, perché, per sua intrinseca natura di autentica espressione umana, richiede di essere ascoltata ed incontrata e non consumata in modo indolore.
Personalmente suono jazz perché questa musica mi ha preso totalmente e suonare per me è diventato un gesto d’amore verso il mondo per comunicare a tutti la commozione del dono ricevuto. Continuerò a suonare per difendere l’opera di tutti quei musicisti che hanno dato la vita per testimoniare al mondo la bellezza che hanno incontrato nel jazz, bellezza che parla del desiderio di felicità che alberga in ciascuno di noi.
Alberto Carugno