Caro Direttore,

                il solo fatto che sia stato emanato un Decreto Ministeriale (il D. M. 8/2011) relativo alla diffusione della “Pratica Musicale” nella scuola Primaria deve suscitare soddisfazione in tutti coloro che,  come noi,  sono da molti anni impegnati nel promuovere una valida Riforma degli Studi musicali.



Finalmente l’Indirizzo Musicale (la “nuova” disciplina relativa allo studio di uno specifico strumento musicale ricondotta ad ordinamento nella scuola con la L. 124/99) è, almeno formalmente, presente  sia nella scuola  primaria che  in quella  secondaria!  Questo è sicuramente da considerare come il più importante  risultato  della  ventennale  mobilitazione per la  diffusione degli Studi musicali nella scuola pubblica italiana.



Detto questo però, la lettura del suddetto Decreto firmato dal Ministro Gelmini non può non lasciarci anche profondamente delusi e consapevoli  di quanto ancora sia necessario mobilitarsi  e  “combattere” per ottenere quello che veramente serve per dar vita a una vera Riforma degli Studi musicali.
Infatti, ancora una volta troviamo: tanto fumo (l’ennesima  marea  di  “chiacchiere e cavilli” che in sostanza servono soprattutto a consolidare il potere di una complessa amministrazione quasi completamente “inutile”) e pochissimo arrosto (il numero di ragazzini che grazie a questa  norma  potrà  forse riuscire ad avvicinarsi allo studio di uno strumento musicale sarà, in realtà, assolutamente “irrilevante”).



Per diffondere veramente lo studio della Musica nella scuola italiana servirà altro: sarà necessaria la “reale volontà” di farlo.
Ma,  fotografando quale sia oggi l’oggettiva presenza degli Studi  musicali  nella  scuola  italiana ed il reale ruolo che questi occupano,  non si può non pensare che la suddetta volontà manchi, ancora, quasi totalmente.  Perché la Musica resta in  sostanza un “Sapere” destinato a pochissimi ragazzi privilegiati, nonostante siano ormai trascorsi oltre dieci anni dalla legge  di Riforma dei Conservatori  (la L. 508/99,  punto di partenza di una consequenziale globale ed organica Riforma degli Studi musicali).

Anni di formali  proclami  istituzionali,  relativi all’importanza della diffusione della cultura musicale, hanno fatto da preludio a una serie di norme confuse e contraddittorie che non hanno in realtà prodotto alcuna maggiore diffusione degli Studi musicali tra i nostri ragazzi.
Infatti, volgendo lo sguardo alla scuola “Media” (sec. di I grado) si vedrà che i Corsi ad Indirizzo Musicale, oltre ad essere una misconosciuta rarità,  rimangono  ancora  assolutamente  precari,  in quanto  del  tutto  facoltativi  (sebbene siano stati ricondotti ad ordinamento con la L. 124/99). Passando poi ad osservare quale sia l’attuale presenza degli Studi musicali nelle “Superiori” (sec. di II grado) scopriamo di trovarci davanti al “Nulla”: una trentina di isolatissime sezioni di “liceo ad Indirizzo musicale”, disperse su tutto territorio nazionale. 

Per città come Roma, Napoli, Firenze, Bologna, Torino, esiste dunque esclusivamente un’unica sezione di liceo (relativa,  per di più,  allo studio di tutti gli strumenti esistenti),  in cui un ragazzo possa studiare uno Strumento.
A  dispetto  della  tanto “strombazzata” istituzione dei Licei Musicali, seguita  dalla  solita  sterile ed improduttiva  normativa, la  realtà  mostra l’istituzione del “Nulla”.

Infine, se guardiamo alla Riforma dei Conservatori, che dovrebbero essere divenuti Istituti di livello esclusivamente universitario (questa era la fondamentale novità disposta dalla legge di Riforma 508/99),  scopriamo che i Corsi “Inferiori e Medi” del previgente vecchio ordinamento, in sostanza, sono ancora presenti nei “nuovi” Conservatori;  infatti sono stati solamente ribattezzati (“corsi di base”) e peggiorati, in quanto privati di una adeguata regolamentazione (nel nome di una “autonomia” che sfocia, in realtà, nel caos dell’“anarchia”).

I  Conservatori sono  allora  divenuti  le  uniche “Università” al mondo ad avere al loro interno anche la scuola “primaria” e “secondaria” (come accadeva con il “vecchio ordinamento”).
Dunque, a dispetto della marea di “chiacchiere e cavilli” normativi  che  hanno accompagnato la  decennale  gestazione  di  questa  incompiuta  Riforma  degli  Studi musicali,  l’inconfutabile verità che scaturisce dall’oggettiva realtà di quanto fin qui osservato e sintetizzato è che, la Musica in Italia continua  ad essere  considerato  un “Sapere” diverso da tutti  gli altri,  destinato  a pochissime persone;  un “Sapere” ancora anacronisticamente confinato tra i due opposti ambiti “ludico-ricreativo” o  “professionale”.

Ma lo scopo  fondamentale da perseguire per conferire reale valore e senso  alla  Riforma degli Studi musicali è diffondere gli  Studi musicali  nella scuola italiana (e quindi nella società).
E per  ottenere  questo  sarà  indispensabile  acquisire  una  nuova  ottica,  che  guardi  alla Musica  come  a una  disciplina  globalmente “FORMATIVA” della personalità dei ragazzi in età evolutiva,  e inserita quindi nella scuola come disciplina “inter pares” con tutte le altre discipline, in quanto preziosa nel contribuire a sviluppare le loro potenzialità.

Come ripeto, per  diffondere veramente lo studio della Musica nella scuola italiana  sarebbe necessaria una maggiore “reale volontà” di farlo.
Se ci fosse, sarebbe molto semplice tramutarla in norme di legge; basterebbero poche e chiare indicazioni:

-Istituire l’Indirizzo Musicale nel biennio conclusivo della scuola primaria (almeno un Corso ad IM obbligatorio per ogni distretto scolastico);
– Consolidare l’Indirizzo Musicale nella scuola secondaria di I grado (istituendo obbligatoriamente almeno due Corsi ad IM per ogni distretto scolastico);
-Istituire l’Indirizzo Musicale nella scuola secondaria di II grado (almeno un “Liceo ad Indirizzo Musicale” ogni tre distretti scolastici).

Questo, “solo” questo, è ciò che veramente serve ai nostri ragazzi.

In merito poi alla selezione dei docenti per l’insegnamento dello  Strumento musicale, anche su questa  questione  nel suddetto D.M. 8/201, al di là delle solite fumose “chiacchiere”, troviamo una clamorosa negazione di fondamentali diritti acquisiti da una intera categoria professionale; infatti  il Ministro non dovrebbe dimenticare  che per l’insegnamento dello Strumento  musicale esiste  già  una  specifica  classe  di  concorso (A/77) istituita dal D. M. 201/99; e che nelle graduatorie statali specifiche per tale insegnamento ci sono migliaia di docenti già appositamente selezionati dall’amministrazione ed in attesa di vedersi  riconosciuto  il  loro diritto al lavoro; diritto che si sono pienamente conquistato superando gli esami e i pubblici concorsi richiesti.

Dunque,  crediamo sia ormai arrivato il momento di pretendere da chi ha l’onore di governare questo paese di scrivere  norme  chiare  ed efficaci;  mirate a produrre un reale positivo effetto per i destinatari delle norme scritte;  perché questo paese non è più in grado di sopportare una normativa scritta in modo indecente (un confuso susseguirsi di “chiacchiere” in un prolisso e contraddittorio “burocratese”);  norme “di facciata”,  che in realtà  servono soprattutto a conferire e consolidare il potere di una articolata e soffocante burocrazia, che amministra ed arricchisce solo se stessa e la propria “inutile” funzione.

Non sono più sopportabili norme come lo scandaloso Decreto Legge (n. 212/2002), che ha pensato bene di “aiutare” tutti i musicisti italiani dichiarandoli tutti  “ignoranti”;  una norma (a nostro avviso anticostituzionale) che ha improvvisamente declassato il glorioso Diploma di Conservatorio (da “MASSIMO” titolo accademico a “MINIMO” titolo accademico) con il “fantastico” reale unico risultato di:

– costringere tanti musicisti a tornare a studiare (si fa per dire) nel caos dei Conservatori “riformati” per riappropriarsi del valore assoluto del loro glorioso titolo accademico;
– negare l’accesso all’insegnamento  del proprio strumento musicale a tutti i musicisti italiani (sia nei nuovi “corsi di base” che nei “Licei musicali”).

Veramente, vi preghiamo: basta  “Chiacchiere e Cavilli”!

(Pietro Blumetti)

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